sabato 14 novembre 2015

COMPITI A CASA: TROPPI? LI FA IL BAMBINO, LA MAMMA O ENTRAMBI?

COMPITI A CASA: TROPPI? LI FA IL BAMBINO, LA MAMMA O ENTRAMBI?
Compiti si, compiti no: gioie e dolori della famiglia italiana 
Con l’inizio della scuola, numerose famiglie si ritrovano a riaffrontare insieme con i propri figli il tema dello studio ma oggi, rispetto al passato, questo momento sta diventando  un fenomeno “sociale”. Infatti, investe l’intera famiglia già alle prese con una vita frenetica e costringe, spesso, le mamme a mettersi letteralmente a servizio di figli che esigono una presenza costante del genitore per lo svolgimento dei compiti con conseguenti tensioni in famiglia  con il loro seguito di rimproveri, nervosismo, conflitti, urla, ribellioni, proteste, punizioni se il bambino si dimostra poco collaborativo a farli. L’Italia è il paese OCSE ove vengono assegnati più compiti a casa L
Situazioni di questo tipo purtroppo sono all’ordine del giorno: spesso sento mamme che dopo una giornata di lavoro fuori casa sono alle prese con figli poco motivati che si lamentano e fanno opposizione su tutto e, al momento dei compiti, rimandano l’esecuzione a più tardi facendo i capricci o adducendo banali pretesti.
Molte famiglie lamentano i troppi compiti e la maggior parte di essi mette in discussione il loro senso e in dubbio la loro efficacia. Vedete il sito: www.bastacompiti.it e anche il gruppo facebook. Gli studenti ritengono che i tanti compiti assegnati impedisce loro di vivere altre esperienze oltre alla scuola e, spesso li vivono come una sorta di imposizione calata dall’alto. Per i docenti, invece,  sono indispensabili per gli alunni per consolidare il loro apprendimento, il loro lavoro intellettuale e dovrebbero sollecitare la loro autonomia, sviluppare metodo di studio, insegnando loro a gestire meglio il proprio tempo di studio.
Il tema è piuttosto spinoso e quello che a mio avviso è importante che questo “compito” rappresenti per i nostri ragazzi un momento stimolante, piacevole di apprendimento che può essere utile per consolidare quanto si è fatto a scuola.
L’argomento penso possa richiedere molto tempo, analisi dei pro e contro ma ora, tralasciando questo approfondimento che mi auguro anche i genitori vogliano poi dare il proprio giudizio andiamo a considerare cosa si può fare nell’ambito familiare visto che per ora i compiti vengono assegnati.
Prima di tutto è  assolutamente controproducente che lo studio diventi una fonte di stress per tutta la famiglia. Quindi facciamo un respiro profondo e proviamo a comprendere quale sia la strategia migliore per stare vicino ai figli, evitando la tragedia pomeridiana.
COMPITI A CASA
La prima regola e direi la più importante è quella di non sostituirsi mai ai figli e non studiare al loro posto. E poi che cosa si può fare? Ecco un piccolo decalogo:
    Organizzare lo spazio e il tempo per lo studio, incoraggiateli, ricordando che nel fine settimana è importante che si avvantaggino per lasciare ai giorni feriali, pieni d’impegni, il ripasso.
    Punire un bambino perché non fa i compiti non serve a nulla  e fare delle maratone serali per portare a termine degli esercizi non sono affatto efficaci perché il giorno dopo il problema si ripresenterà di nuovo.
    Aiutiamoli a concentrarsi da soli sul testo e a supportarli solo quando è necessario: infatti, l’aiuto non va escluso, ma limitato, ridotto e non totale.
    Stabilite una routine, un orario fisso per i compiti (mai dopo cena), andrà bene la loro cameretta o altro ambiente dove vi sia sufficiente tranquillità (via la TV). 
    Fate domande per guidare il loro ragionamento e per verificare che abbiano compreso il corretto significato di alcune parole, cosa che non sempre possiamo dare per scontata;
    Non mettete loro mai fretta, anzi stimolateli facendo notare collegamenti tra gli argomenti, le diverse materie e anche la realtà che li circonda, con esempi che solletichino il loro interesse;
    Raccontate loro, della vostra storia scolastica, delle vostre materie preferite o meno, del vostro metodo di studio: non perché debba diventare il loro, ma perché a loro piace ascoltare aneddoti che avvicinano le vostre esperienze a quelle che adesso sono le loro.
    Mostratevi incoraggianti e ottimisti nei loro confronti, astenendovi da giudizi pesanti se sbagliano.
    Non criticate la quantità di compiti che gli insegnanti assegnano a casa: i ragazzi debbono responsabilizzarsi e comprendere appieno che per ottenere successi bisogna anche faticare.
    Andare a scuola senza compiti non è un dramma: affronterà la frustrazione e le normali  conseguenze e,  paradossalmente   impareranno  sulla loro pelle un importante obiettivo educativo.

tratto da
www. il cosmopolita curioso.eu
Gli studenti italiani hanno troppi compiti a casa? Sembrerebbe di sì.
Da una relazione OCSE 2014 sull’analisi dei risultati del Programma per la valutazione internazionale dell’allievo, meglio noto con l’acronimo PISA, che valuta ogni tre anni il livello di istruzione degli adolescenti dei principali paesi industrializzati, risulta che i ragazzi italiani passano in media 9 ore a settimana a fare compiti a casa contro una media dei paesi OCSE di 4,9 ore. Per quanto riguarda la sola Unione Europea gli studenti italiani detengono il record dei più “secchioni” seguiti dai giovani irlandesi che, in media, passano poco meno di 8 ore settimanali a fare i loro compiti.
Ma questo serve a qualcosa? Sembrerebbe proprio di no. Se il metodo italiano, che prevede oltre allo studio svolto in classe altrettanto studio al di fuori delle aule scolastiche, portasse, per la maggioranza degli studenti, ad un livello più alto di conoscenze e ad una maggiore preparazione non si spiega perché, nelle valutazioni PISA, gli studenti italiani fanno spesso una pessima figura in confronto ad altri che sui libri passano molte meno ore. Parliamo degli studenti finlandesi o dei giovani coreani che si posizionano sempre in vetta alle classifiche sulle competenze scolastiche e che dichiarano di dedicare allo studio meno di tre ore in media alla settimana.
Anche l’OCSE, nelle sue analisi, ha evidenziato che oltre alle quattro ore di studio settimanali il tempo investito sui libri ha effetti trascurabili sui risultati.
Si potrebbe obiettare che studiare, ore e ore, per approfondire un programma di studio può, al limite, fornire un’ottima preparazione e un metodo a quegli studenti che intraprenderanno studi universitari. Ma qui sorge un altro problema. I dati italiani sui giovani laureati non sono confortanti. In Italia, solo il 22,4% delle persone di età compresa tra i 30 e i 34 anni è in possesso di un diploma di istruzione superiore contro una media UE del 35,8%.
Oltre alla bassa percentuale di laureati, l’Italia è, altresì, in fondo alla classifica per quanto riguarda il tasso di abbandono scolastico. L’abbandono precoce dei percorsi di istruzione e formazione rappresenta un serio problema in Italia ma se ne sente parlare molto poco. Attualmente la percentuale di abbandono scolastico tra i giovani europei è in media del 12,8%.  In Italia il tasso di abbandono scolastico è del 17,6%. L’Italia si trova subito dietro a Spagna (24,9%), Malta (22.6%) e Portogallo (20,8%).
Il sistema scolastico italiano deve essere riformato. Adesso, non tra vent’anni! E’ necessario ripensare il metodo di studio, non avendo timore di ispirarsi a modelli di successo già attivi in altri paesi. E’ necessario dare più spazio ad altre attività educative e ricreative oltre all’insegnamento “classico”. L’aumento dell’attività sportiva sarebbe un ottimo inizio visto che, tra le altre cose, i bambini italiani risultano essere i più grassi e pigri d’Europa.
https://www.dropbox.com/s/4zd4switdx8j6mu/Screenshot%202015-11-14%2014.46.51.png?dl=0
OECD (2014), “DOES HOMEWORK PERPETUATE INEQUITIES IN EDUCATION?”, PISA IN FOCUS, NO. 46, OECD PUBLISHING, 
PARIS.







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