PROMUOVIAMO I VACCINI…MA CON L’INFORMAZIONE E L’ALLEANZA E NON
CON L’OBBLIGO
Come pediatra che promuove
l’informazione e la diffusione delle vaccinazioni NON SONO D’ACCORDO CHE Per frequentare
la scuola i vaccini “obbligatori” debbano
diventare “obbligatori”!!! (già questo è
un paradosso…se sono obbligatori….)
Ritengo che un percorso vaccinale efficiente ed efficace è
possibile non obbligando i genitori alla
vaccinazione dei propri figli ma
attraverso una corretta informazione e comunicazione basata sul rapporto di
fiducia tra cittadini e operatori del sistema sanitario che restituisca al
sistema vaccinale il consenso necessario per uno stato di salute omogeneo a
tutti gli abitanti del nostro Paese.
A seguito del calo vaccinale che si sta registrando nel
nostro Paese, gli assessori alla Sanità delle Regioni, avrebbero
infatti proposto di inserire nel nuovo Piano nazionale di prevenzione
vaccinale una norma che impedisce l’accesso alle scuole ai bambini che
non sono in regola con le vaccinazioni obbligatorie.
Dal 1991 nessun vaccino è stato messo
come obbligatorio ma, da allora, la vaccinazione è stata vista come un DIRITTO
e non un DOVERE che la famiglia esercita CONSAPEVOLMENTE dopo una informazione
completa da parte degli operatori sanitari.
Vero è che nulla è stato fatto da
Istituzioni (MINISTERO, REGIONI, ASL E ORDINI PROFESSIONALI) per promuovere
questa cultura né è stato fatto qualcosa per arginare la diffusione di
informazioni in palese contrasto con l’evidenza scientifica e che stanno
contribuendo al calo delle vaccinazioni e ai conseguenti rischi di salute per
tutti.
Ma facciamo un attimo il punto sulla
situazione.
In Italia esistono due tipi di vaccini:
obbligatori e raccomandati.
I primi sono la vaccinazione
antidifterica, antipoliomielitica, antitetanica, antiepatite virale
B. Nel secondo gruppo rientrano invece tutti gli altri: pertosse, morbillo,
parotite, rosolia, varicella, infezioni da Haemophilus Influenza b (Hib),
meningococco C, meningococco B, Altri tipi di meningococco, pneumococco,
rotavirus, influenza e papillomavirus. Va detto però che i vaccini non
obbligatori, ad eccezione dei nuovi (quelli contro la meningite da
meningococco), rientrano nei Lea (i livelli essenziali di assistenza).
Non tutte le Regioni li offrono
gratuitamente perché ogni Regione può adottare una politica diversa, con un
effetto a macchia di leopardo che comporta una Sanità diversa da Regione a Regione, in palese
contrasto col dettato della nostra Costituzione.
Infatti, non è accettabile che non
possa esistere un Servizio vaccinale unico, nazionale, affinchè ad ogni
bambino, e in particolare ai più svantaggiati dal punto di vista sociale, va
garantita la possibilità di avere lo stesso tipo di accesso alle cure e alla
prevenzione primaria.
Questa disomogeneità è sicuramente
anche una delle cause della disaffezione e del trend di riduzione delle
coperture vaccinali cui stiamo forse troppo passivamente assistendo da alcuni
anni.
Questo puzzle provoca disorientamento e
in alcuni casi contraddittorietà di comportamenti sia del personale sanitario
sia nella popolazione che ha sempre meno certezze sui vaccini necessari.
Non è
accettabile che il calendario vaccinale oggi in uso, per esempio, a Palermo sia
diverso da quello di Milano. Abbiamo bisogno di un sistema vaccinale realmente
nazionale, basato sui principi di appropriatezza e di priorità e che sia
facilmente accessibile e in grado di effettuare e diffondere rapidamente
valutazioni dei rischi epidemiologici e dei benefici ottenibili con le
vaccinazioni.
Un sistema in grado di riferire
rapidamente sulle coperture effettive e sul peso reale delle reazioni avverse
attribuibili ai vaccini, così che gli anti-vaccinatori non possano impunemente
amplificare la paura della gente.
Ritengo che un percorso vaccinale efficiente ed efficace è
possibile non obbligando i genitori alla
vaccinazione dei propri figli ma
attraverso una corretta informazione e comunicazione basata sul rapporto di
fiducia tra cittadini e operatori del sistema sanitario che restituisca al
sistema vaccinale il consenso necessario per uno stato di salute omogeneo a
tutti gli abitanti del nostro Paese.
Negli anni la
differenza tra vaccinazioni raccomandate e obbligatorie, non prevedibile dagli
allora legislatori dell’obbligo vaccinale, ha portato problemi crescenti man
mano che la lista delle vaccinazioni non obbligatorie è andata crescendo.
Donato Greco di Epicentro ne cita solo alcune:
• la percezione della popolazione e degli
operatori sanitarie che le obbligatorie fossero quelle buone, mentre le
raccomandate fossero di serie B
• la scarsa attenzione degli operatori e
delle aziende sanitarie verso le vaccinazioni: un rituale obbligato e
automatico che non richiedeva alcun impegno di comunicazione medico-genitori,
né azioni di modernizzazione del processo (anagrafi vaccinali, registri, follow
up, registri degli effetti collaterali, verifiche di efficacia e qualità ecc).
Si tratta di aspetti emersi con le vaccinazioni raccomandate
• la depressione della ricerca e della
comunicazione sui vaccini: una nicchia protetta di mercato fisso a basso
rendimento, e quindi a scarso investimento
• la deresponsabilizzazione della dirigenza
sanitaria verso le vaccinazioni raccomandate: siamo arrivati, in anni recenti,
a numerosi casi di direttori generali di Asl che, furiosamente impegnati nei
pareggi di bilancio, hanno lesinato i pochi denari necessari alle vaccinazioni
raccomandate, limitandosi a quelle obbligatorie. la deresponsabilizzazione del
medico: perché devo assumermi una sia pur piccola responsabilità di contenzioso
per eventuali effetti collaterali, prescrivendo un vaccino che non è
obbligatorio?...
• il sostegno ai movimenti antivaccinali
che proprio sull’obbligo vaccinale fanno proseliti
• la deresponsabilizzazione dell’individuo
verso la prevenzione, vista non come un necessario impegno personale, ma
delegata all’autorità, in stile populisticamente comodo ma non efficace.
Un altro punto a favore del calo
vaccinale è forse anche da imputare al numero dei vaccini obbligatori
somministrati. Il Codacons già a suo tempo aveva denunciato a diverse Procure della Repubblica la pratica seguita
dal SSN di iniettare ai bambini un
vaccino esavalente, nonostante la legge riconosca solo 4 vaccini obbligatori.
Nello specifico –il D.M. 7 aprile 1999 riconosce come obbligatori
l’antidifterite, l’antitetanica, l’antipoliomelite e l’antiepatite virale
B. Tuttavia nelle Asl, viene fornito ed iniettato ai piccoli un vaccino
esavalente che contiene anche due vaccini facoltativi ossia pertosse ed
infezioni da Haemophilus influenzale di tipo b. T. Questa modalità deve essere
necessariamente chiarita ai
genitori che si sono confusi dal
bombardamento di notizie attraverso i social network.
In ultimo bisogna anche tenere conto che
in tutto il mondo occidentale esiste il diritto alla prevenzione vaccinale ma
non l’obbligo di legge alla vaccinazione. I risultati sono soddisfacenti con
programmi di offerta attiva da parte dei servizi sanitari che prendono in
carico il bimbo nuovo arrivato: diversamente l’obbligo vaccinale persiste nei
Paesi dell’ex Unione Sovietica, con risultati certamente inferiori ai nostri,
quando non disastrosi (vedi, per esempio, le recenti epidemie di difterite).
Oggi il concetto di
“obbligatorietà” confligge con il concetto di “promozione” della salute che è
alla base di qualsiasi efficace azione preventiva: la promozione,
evidentemente, coniuga la responsabilità dell’individuo con quella della
comunità che, con le sue istituzioni, garantisce l’esigibilità del diritto
universale alla salute, e quindi il sacrosanto diritto al bambino di non
ammalare di una malattia per la quale esiste un vaccino efficace e sicuro.
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