lunedì 11 dicembre 2017

Non va a scuola, sta isolato. Hikikomori

Adolescenti “isolati”, Hikikomori e dintorni
Qualche sera fa, nel corso di una riunione tra pediatri, abbiamo discusso di adolescenti che non frequentano la scuola per lunghi periodi dell’anno, rischiando di perdere l’anno scolastico.
Questa situazione è purtroppo piuttosto frequente ed è in crescente aumento, in particolare, si verificano casi di ragazzi che da oltre un anno, non escono da casa.
I motivi possono essere vari: a volte queste situazioni possono essere scatenate da un evento traumatico come una bocciatura, o episodi di bullismo, in alcuni casi, esistono patologie psichiatriche (ma non è la situazione più frequente).
Un fenomeno che sta aumentando di frequenza è il cosiddetto “Hikikomori” (dal giapponese significa “stare in disparte"). Questo termine si riferisce ad adolescenti e giovani adulti che si ritirano dalla vita sociale per lunghi periodi (da alcuni mesi fino a diversi anni), rinchiudendosi nella propria stanza da letto, senza aver nessun tipo di contatto diretto con il mondo esterno, trascorrendo la giornata, e spesso la notte, tra videogiochi, computer, tv, Internet ecc.
Bisogna fare attenzione però a non confondere la dipendenza da internet col fenomeno Hikikomori che presenta delle caratteristiche ben precise che la distinguono dall’abuso tecnologico.
Il profilo degli hikikomori può essere definito quasi come un peculiare “stile di vita”, una sorta di "anoressia sociale". I giovani adolescenti, infatti, decidono deliberatamente una vita di reclusione che rifugge da tutti quegli stimoli e da tutti quei contesti sociali e relazionali che la vita quotidiana mette a disposizione. La realtà virtuale diventa il sostituto a 360° del mondo reale.
L’hikikomori vive unicamente online: trascorre una vita sedentaria, si divide fra computer e fumetti, inverte il ritmo sonno-veglia, ordina il cibo online e lo consuma in isolamento e finisce con l’escludersi totalmente dalla vita affettiva familiare e sociale.  Dopo essersi creato un’identità virtuale ben precisa e spesso ben lontana dalla propria vera personalità, il giovane hikikomori, inizia a chattare e a crearsi una rete di amicizie online, selezionando e prestando attenzione a comunicare solo con altri hikikomori.
Questo fenomeno, manifestatosi dapprima in Giappone, dove 1,2% della popolazione ne soffre (264000 casi su 127 milioni di abitanti secondo un rigoroso studio del prof. T Kato, Università di Kyushu, anche se dati recenti parlano di 500.000 – 1.000.000 si soggetti), presenta delle differenze sostanziali rispetto a quello europeo, poichè mentre alcuni giovani nipponici ne sono stati coinvolti a causa di regole eccessivamente rigide nella cultura del Sol Levante, in Occidente il fenomeno è dovuto all’assenza di un sistema coerente e sistematico di regole sotto diversi punti di vista (sociale, relazionale, lavorativo...). Questa mancanza favorisce nel giovane la percezione di sentirsi inadeguato e incapace a trovare un posto equilibrato nel sempre più confuso mondo reale e a spingerlo a rifugiarsi nel prevedibile e rassicurante mondo virtuale.
Il fenomeno è maggiormente presente nei maschi, in assenza di patologia psichiatrica (depressione) schizofrenia o ritardo mentale, con un modo di vita centrato sul proprio domicilio e nessun interesse o desiderio per la scuola o il lavoro da più di sei mesi.
I primi segni appaiono all’età di 12-13 anni e molti genitori sottovalutano il problema perché non comprendono cosa stia accadendo: l’adolescente presenta una sofferenza silenziosa, più affine all’apatia che alla ribellione, le sue emozioni sono trattenute ma a lungo andare, possono sfociare in una  depressione o psicosi.
I DATI: Non esistono dati ufficiali, secondo il sito Hikikomori Italia si stimano almeno 100.000 casi (Hikikomori Italia). “La maggior parte dei ragazzi hanno tra i 15 e i 25 anni, ma non mancano casi più giovani o più adulti. Provengono da famiglie benestanti e spessissimo sono figli unici in quanto subiscono le maggiori aspettative genitoriali. In moltissimi casi sono figli di genitori separati. Sono ragazzi molto intelligenti, che non hanno alcun problema a livello scolastico e che hanno poco in comune con i compagni di classe”.

QUANDO PREOCCUPARSI:
Bisogna iniziare a preoccuparsi nel momento in cui i ragazzi perdono amici e interessi, non vogliono più uscire da casa né andare a scuola.
I primi segnali arrivano nella pre-adolescenza in particolare in due età che coincidono con
l’inizio e la fine delle scuole superiori. “La prima perché il ragazzo si trova a confrontarsi con insegnanti e compagni di classe nuovi. La seconda perché è il momento in cui bisogna tracciare la strada che si vuole seguire nella vita”.  
Il primo segnale preoccupante sono le prolungate assenze da scuola, altri segnali di allarme sono rappresentati dalla chiusura ad attività sociali e la preferenza di attività solitaria, spesso associati ad alterazione del ritmo sonno-veglia, e ad una auto-reclusione in camera da letto. Quando si arriva a questo punto intervenire è difficile ma urgente.
Sarebbe meglio intervenire prima ma purtroppo i genitori spesso hanno paura di intervenire, anche se intuiscono, anche se non vogliono ammettere, almeno nelle fasi iniziali, che qualcosa non va. Superata la prima fase di negazione del problema spesso, c’è ritardo a domandare aiuto, per vergogna o senso di colpa.
I genitori non vogliono perdere i figli, soprattutto non vogliono il conflitto in quanto temono che andando allo scontro con il figlio, che ha deciso di chiudersi in camera, possano perdere il rapporto con lui.
Ma “Di fronte all’isolamento sociale, affettivo, sessuale, educativo o lavorativo del proprio figlio i genitori devono preoccuparsi e cercare di capire a chi chiedere aiuto. Anche se non è una decisione facile”  dice Gustavo Pietropolli Charmet, psichiatra dell’adolescenza.




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