Adolescenti “isolati”, Hikikomori e dintorni
Qualche sera fa, nel corso di una
riunione tra pediatri, abbiamo discusso di adolescenti che non frequentano la scuola
per lunghi periodi dell’anno, rischiando di perdere l’anno scolastico.
Questa situazione è purtroppo piuttosto
frequente ed è in crescente aumento, in particolare, si verificano casi di
ragazzi che da oltre un anno, non escono da casa.
I motivi possono essere vari: a
volte queste situazioni possono essere scatenate da un evento traumatico come una
bocciatura, o episodi di bullismo, in alcuni casi, esistono patologie
psichiatriche (ma non è la situazione più frequente).
Un fenomeno che sta aumentando di
frequenza è il cosiddetto “Hikikomori” (dal giapponese significa “stare in
disparte"). Questo termine si riferisce ad adolescenti e giovani adulti che
si ritirano dalla vita sociale per lunghi periodi (da alcuni mesi fino a
diversi anni), rinchiudendosi nella propria stanza da letto, senza aver nessun
tipo di contatto diretto con il mondo esterno, trascorrendo la giornata, e
spesso la notte, tra videogiochi, computer, tv, Internet ecc.
Bisogna fare attenzione però a
non confondere la dipendenza da internet col fenomeno Hikikomori che presenta
delle caratteristiche ben precise che la distinguono dall’abuso tecnologico.
Il profilo degli hikikomori può
essere definito quasi come un peculiare “stile di vita”, una sorta di "anoressia sociale". I
giovani adolescenti, infatti, decidono deliberatamente una vita di reclusione
che rifugge da tutti quegli stimoli e da tutti quei contesti sociali e relazionali
che la vita quotidiana mette a disposizione. La realtà virtuale diventa il
sostituto a 360° del mondo reale.
L’hikikomori vive unicamente
online: trascorre una vita sedentaria, si divide fra computer e fumetti,
inverte il ritmo sonno-veglia, ordina il cibo online e lo consuma in isolamento
e finisce con l’escludersi totalmente dalla vita affettiva familiare e sociale.
Dopo essersi creato un’identità virtuale
ben precisa e spesso ben lontana dalla propria vera personalità, il giovane
hikikomori, inizia a chattare e a crearsi una rete di amicizie online,
selezionando e prestando attenzione a comunicare solo con altri hikikomori.
Questo fenomeno, manifestatosi
dapprima in Giappone, dove 1,2% della popolazione ne soffre (264000 casi su 127
milioni di abitanti secondo un rigoroso studio del prof. T Kato, Università di
Kyushu, anche se dati recenti parlano di 500.000 – 1.000.000 si soggetti), presenta
delle differenze sostanziali rispetto a quello europeo, poichè mentre alcuni giovani
nipponici ne sono stati coinvolti a causa di regole eccessivamente rigide nella
cultura del Sol Levante, in Occidente il fenomeno è dovuto all’assenza di un
sistema coerente e sistematico di regole sotto diversi punti di vista (sociale,
relazionale, lavorativo...). Questa mancanza favorisce nel giovane la
percezione di sentirsi inadeguato e incapace a trovare un posto equilibrato nel
sempre più confuso mondo reale e a spingerlo a rifugiarsi nel prevedibile e
rassicurante mondo virtuale.
Il fenomeno è maggiormente
presente nei maschi, in assenza di patologia
psichiatrica (depressione) schizofrenia o ritardo mentale, con un modo di vita
centrato sul proprio domicilio e nessun interesse o desiderio per la scuola o
il lavoro da più di sei mesi.
I primi segni appaiono all’età di
12-13 anni e molti genitori sottovalutano il problema perché non comprendono
cosa stia accadendo: l’adolescente presenta una sofferenza silenziosa, più
affine all’apatia che alla ribellione, le sue emozioni sono trattenute ma a
lungo andare, possono sfociare in una
depressione o psicosi.
I DATI: Non esistono dati ufficiali, secondo il sito Hikikomori
Italia si stimano almeno 100.000 casi (Hikikomori Italia). “La maggior parte
dei ragazzi hanno tra i 15 e i 25 anni, ma non mancano casi più giovani o più
adulti. Provengono da famiglie benestanti e spessissimo sono figli unici in
quanto subiscono le maggiori aspettative genitoriali. In moltissimi casi sono
figli di genitori separati. Sono ragazzi molto intelligenti, che non hanno
alcun problema a livello scolastico e che hanno poco in comune con i compagni
di classe”.
QUANDO PREOCCUPARSI:
Bisogna iniziare a preoccuparsi
nel momento in cui i ragazzi perdono amici e interessi, non vogliono più uscire
da casa né andare a scuola.
I primi segnali arrivano nella
pre-adolescenza in particolare in due età che coincidono con
l’inizio e la fine delle scuole
superiori. “La prima perché il ragazzo si trova a confrontarsi con insegnanti e
compagni di classe nuovi. La seconda perché è il momento in cui bisogna
tracciare la strada che si vuole seguire nella vita”.
Il primo segnale preoccupante
sono le prolungate assenze da scuola, altri segnali di allarme sono
rappresentati dalla chiusura ad attività sociali e la preferenza di attività
solitaria, spesso associati ad alterazione del ritmo sonno-veglia, e ad una auto-reclusione
in camera da letto. Quando si arriva a questo punto intervenire è difficile ma
urgente.
Sarebbe meglio intervenire prima ma purtroppo i genitori
spesso hanno paura di intervenire, anche se intuiscono, anche se non vogliono
ammettere, almeno nelle fasi iniziali, che qualcosa non va. Superata la prima
fase di negazione del problema spesso, c’è ritardo a domandare aiuto, per
vergogna o senso di colpa.
I genitori non vogliono perdere i figli, soprattutto non
vogliono il conflitto in quanto temono che andando allo scontro con il figlio, che
ha deciso di chiudersi in camera, possano perdere il rapporto con lui.
Ma “Di fronte all’isolamento sociale, affettivo, sessuale,
educativo o lavorativo del proprio figlio i genitori devono preoccuparsi e
cercare di capire a chi chiedere aiuto. Anche se non è una decisione facile” dice Gustavo Pietropolli Charmet, psichiatra
dell’adolescenza.
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