domenica 6 novembre 2011

ALLUVIONE E DANNI MORALI E PSICOLOGICI AI BAMBINI

Rispondo pubblicamente, seppur in modo anonimo, alla lettera di questa mamma:
Vorrei solo un consiglio.

Ho preso S. dall'asilo venerdì proprio nel pieno dell'alluvione. Ci siamo ritrovati io, mio figlio di dieci anni, e S. a risalire un vero e proprio fiume di fango, detriti, moto, pezzi di asfalto che scendevano giù da Via Donghi.
L'acqua mi arrivava alla vita, ma a Sofia arrivava al petto. Non riuscivo a tenerla in braccio, perché avevo paura di cadere io e con lei in braccio o in spalla avrei avuto meno stabilità. La corrente era troppo forte e i detriti che scendevano a gran velocità mi colpivano le gambe facendole cedere più volte.
Ho rischiato più volte di vedere scivolare la manina di mia figlia dalla mia e lei continuava a piangere dicendo che l'acqua le dava fastidio, che era bagnata, che non vedeva più nulla.
Arrivati a casa ha pianto per più di due ore, senza tregua. A nulla sono valsi gli incoraggiamenti del grande che continuava a ripetere che si trattava solo di una grande avventura e che noi eravamo riusciti a superare la prova.
Sembrava aver superato tutto, ma le due notti successive non ha dormito bene facendo continui risvegli.
Sto dando troppa importanza alla cosa, perché in realtà mi sono spaventata più io che lei, bisogna attendere che passi il momento, o cosa?

Cara mamma
Le rispondo pubblicamente ma domani ci sentiamo per parlare.


I bambini che sperimentano un disastro vivono due tipi fondamentali di esperienze:

il trauma causato dal disastro stesso e i cambiamenti e gli sconvolgimenti nel vivere quotidiano causati dal disastro

In questi giorni i nostri bambini sono stati testimoni diretti (o indiretti tramite la TV) della alluvione

(Ma potrebbero assistere ad altri eventi paurosi come la distruzione di case, di proprietà o di averi personali; l’essere feriti personalmente o far fronte a pericoli fisici; o il trovarsi di fronte alla morte, alle ferite o al dolore degli altri come avviene per altri disastri che sono improvvisi e senza preavvertimento tipo terremoti, oltre alle alluvioni.) Questi eventi tragici spesso innescano una catena di eventi che possono causare cambiamenti nelle condizioni di vita quotidiane e portare anche a difficoltà a lungo termine.

Nella vita quotidiana i bambini avvertono le tensioni dei familiari (su cui non ci dobbiamo colpevolizzare perché non ci possiamo fare nulla, non si può non essere tesi se si ha perso un familiare o la casa o un bene ottenuto faticosamente) e poi avvertono i cambiamenti nello stile di vita, le conseguenze economiche , se avvengono, il cambio di casa, eventuali elaborazioni di lutto oltre alla elaborazione di ansie,, paure e timori vissute sia direttamente che attraverso genitori, fratelli, sorelle amici e parenti.

L’ indicatore di sofferenza principale è un cambiamento radicale nel comportamento del bambino. Alcune

reazioni comuni sono rappresentate da comportamento regressivo (si comporta come se fosse un bambino più piccolo); difficoltà di separazione (piangere, agitarsi o aggrapparsi quando i genitori si

allontanano); difficoltà nel fare spostamenti; pianto facile, dipendenza o stato di bisogno, paure per eventi simili al trauma subito, essere triste o depresso, essere insolitamente tranquilli o chiusi e non essere interessati alle cose che abitualmente divertivano o al contrario essere irritabili, avere sbalzi d’umore o atteggiamenti aggressivi. Patologia da conversione (malattie psicosomatiche) quali di mal di testa, mal di stomaco o altri sintomi di malattia. Alcuni hanno un calo nel rendimento scolastico.

Quanto sopra avviene però anche in altre situazioni d stress quali la separazione, la nascita di un fratellino o di una sorellina, un lutto familiare.

In questi casi è importante che prima i genitori metabolizzino quanto avvenuto, un genitore tranquillo, cosa non certo facile, è il primo passo per aiutare il bambino. Per questo motivo il primo consiglio è di non fasciarsi troppo la testa almeno nelle fasi iniziali. Chiedere aiuto al proprio pediatra e al proprio medico curante e , in situazioni che interessano la collettività come è stata l’alluvione, parlarne con gli insegnanti perché il modo migliore per risolvere le cose pur nella variabilità individuale delle reazioni è quello di dare tempo al tempo e di tirare fuori quello che si ha dentro con il dialogo, il colloquio, l’ascolto di una persona attenza e , nei bambini, con l’aiuto del gioco e del disegno.

Quanto è avvenuto a Genova è una lezione che ci deve far guardare avanti, analizzando ovviamente il passato, e per darci anche gli strumenti psicologici e di aiuto per comportamenti in occasioni di disagi futuri. Disagi che tutti dovremo affrontare , se non abbiamo già affrontato, ove la caratteristica comune è la elaborazione del disagio che sia una tragedia climatica naturale, un lutto, un cambiamento familiare quale una separazione o le problematiche correlate alla gestione delle famiglie allargate o quelle derivanti da problematiche economiche.

Su tutto questo come pediatri e come società civile, tutti, dobbiamo sapere e sapere consigliare e fare di più. Poi ad altri spetterà prevenire il prevenibile ma intanto cerchiamo di non danneggiare ulteriormente con drammattizzazioni di quanto è avvenuto. Dobbiamo fare ora tanto per il presente e limitare i danni e soprattutto prevenire per il futuro sia per i danni morali e psicologici che strutturalmente (riordino dei fiumi, delle strade, ricostruzione ecc.). Quanto avvenuto è un ulteriore stimolo per un colloquio e dialogo tra pediatri, pedagogisti, psicologi e insegnanti e tutti coloro che sono a contatto con i bambini e le famiglie.

Ho trovato su Internet questo libretto di cui consiglio la lettura non solo a insegnanti ma anche a tutti: http://www.psipopoli-trentino.org/documenti/Guida_per_gli_insegnanti.pdf




1 commento:

  1. Cara mamma,
    da mamma le faccio i complimenti per come ha gestito "razionalmente" la situazione, forse d'istinto io avrei preso in braccio mia figlia, esponendola sicuramente ad un rischio maggiore.. una caduta..e via travolte dalla corrente.. Capisco una volta a casa il pianto e lo strascico del giorno dopo. Io credo che abbia avuto una forza superiore al normale per non mollare quella manina.. non vi conosco ma vi abbraccio
    Paola

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