domenica 15 luglio 2012

GUIDA PER GENITORI IV

GUIDA PER GENITORI. IV CAPITOLO
TRovate TUTTo il manuale di save the children (www.savethechildren.it)  e sui siti www.ferranoalberto.eu e www.apel-pediatri.org

Alcuni genitori credono che se non picchiassero o urlassero ai propri figli perderebbero la loro autorità o comunque diventerebbero troppo permissivi. Altri genitori vorrebbero smettere di picchiare o gridare ai propri figli, ma non sanno come gestire diversamente i momenti di stress e di frustrazione. A volte le difficoltà che affrontiamo, come genitori, ci sembrano insormontabili e crediamo che qualsiasi scelta sia sbagliata.
La maggior parte di noi diventa genitore senza conoscere bene le fasi dello sviluppo di un bambino e ci affidiamo al nostro istinto o all’esperienza dalla nostra infanzia. Molto spesso, però, il nostro istinto in realtà è solo una reazione emotiva che non è stata ben ponderata; a volte la nostra infanzia può essere stata negativa o persino violenta.
Cosa fare quindi per instaurare una relazione positiva con i nostri figli? E come educarli senza fare ricorso a punizioni fisiche o altre punizioni degradanti? Possiamo farlo applicando a tutte le interazioni con loro, e non solo a quelle più difficili, i quattro principi della genitorialità:
  1. individuare i propri obiettivi educativi di lungo termine;
  2. far sentire il proprio affetto e fornire punti di riferimento ai nostri figli in ogni interazione con loro;
  1. comprendere cosa pensano e cosa provano i nostri figli in diverse situazioni;
  2. assumere un approccio che mira alla risoluzione dei problemi piuttosto che un approccio punitivo.
Questi quattro principi sono le componenti essenziali di un buon rapporto genitori-figli e di una disciplina positiva.
RISOLUZIONE DEI PROBLEMI
CAPIRE COSA PROVANO E COSA PENSANO I BAMBINI E GLI ADOLESCENTI
FAR SENTIRE FORNIRE PUNTI IL PROPRIO AFFETTO DI RIFERIMENTO
INDIVIDUARE GLI OBIETTIVI A LUNGO TERMINE
Le sfide della genitorialità
Molto spesso durante la giornata un genitore vuole che i propri figli facciano subito alcune cose: mettiti subito le scarpe, sali subito sul marciapiede, entra subito in casa, smettila subito di fare rumore. Se i bambini non ubbidiscono il nostro livello di stress aumenta rapidamente. Se poi ci sentiamo sotto pressione perché siamo in ritardo, o ci sentiamo in imbarazzo perché siamo in pubblico o siamo preoccupati, il livello di stress aumenta ulteriormente. Infine le preoccupazioni per il lavoro o per altri aspetti della nostra vita non fanno che aggiungersi a questo stress.
Quando siamo calmi il nostro “cervello razionale” ci permette di ragionare in modo lucido. Riusciamo a riflettere sulle cose e ci comportiamo in modo costruttivo. Quando, invece, ci sentiamo sotto pressione il nostro corpo e il nostro cervello reagiscono di conseguenza: i muscoli si irrigidiscono, il battito cardiaco aumenta e il cervello entra in stato di panico. Il nostro “cervello emotivo” prende il sopravvento, non riusciamo più a pensare in modo lucido e reagiamo in modo emotivo. Quando proviamo un senso di panico, impotenza o disperazione possiamo facilmente reagire con esplosioni di rabbia, colpendo degli oggetti o urlando. Tendiamo a dire cose che in realtà non vorremmo dire e facciamo cose di cui poi ci pentiremo.
Queste sono reazioni del tutto normali, che i genitori conoscono bene. Tuttavia ogni volta che reagiamo in questo modo indeboliamo il rapporto con nostro figlio. E quanto più spesso reagiamo in questo modo, tanto più questo rapporto si indebolisce.
CERVELLO RAZIONALE Reagisce in modo razionale quando il livello di stress è basso
CERVELLO EMOTIVO Reagisce in modo impulsivo quando il livello di stress è alto

QUANDO IL CERVELLO EMOTIVO PRENDE IL SOPRAVVENTO NON CAPIAMO PIÙ QUALI SONO GLI EFFETTI DELLE NOSTRE AZIONI SUI NOSTRI FIGLI
Vostro figlio si gingilla per andare a scuola e siete in ritarddo. Lo sta facendo apposta per farmi fare tardi” o forse pensate: “Perché non mi ascolta mai? devo assolutamente FARLO ascoltare” o forse pensate: “Come si permette, adesso gli faccio vedere io chi comanda”.
E poi che cosa fate? Molti genitori in una situazione del genere cominciano ad urlare. Dicono cose come: “Se non sei pronto in due minuti ti lascio qui” o “Perché fai sempre così?” o “È possibile che non impari mai?” A volte minacciano di punire il bambino, dandogli una sculacciata o togliendogli un gioco. A volte minacciano di portarlo a scuola anche se non ha finito di vestirsi. Alcuni genitori afferrano il bambino, lo scuotono, lo picchiano, lo insultano con parole come “stupido”.
Ora, cosa succede al bambino in una situazione del genere? Di solito quando il nostro cervello emotivo prende il sopravvento non ci rendiamo più conto di quali sono gli effetti delle nostre azioni sui nostri figli. Se riuscissimo a zumare indietro vedremmo che anche il bambino è sempre più agitato e spaventato dalla nostra rabbia e dalle nostre minacce. I bambini inoltre possono sentirsi profondamente feriti e mortificati dai nostri insulti. Quando li puniamo possono sentirsi non amati o non desiderati. Tutte queste reazioni inibiscono il cervello razionale e quindi a questo punto il bambino reagisce con il suo cervello emotivo: si mette a piangere, sbatte i piedi per terra, oppure urla. Vostro figlio si sente proprio come voi, e due persone in uno stato di panico non sono in grado di risolvere un problema in modo costruttivo.
Una situazione del genere probabilmente si concluderà in questo modo: voi, molto arrabbiati, accompagnate il bambino a scuola e al momento di salutarvi non gli fate un sorriso né gli date un abbraccio. Una volta arrivati al lavoro il vostro cervello razionale riprende il controllo e cominciate a sentirvi in colpa per quello che avete detto e fatto. Vostro figlio a sua volta avrà difficoltà a seguire la lezione, si sentirà non amato, rifiutato e abbandonato. L’insegnante a quel punto potrebbe provare a sua volta un sentimento di frustrazione nei confronti del bambino che non lo ascolta. Il bambino, proprio pochi minuti prima di cominciare ad affrontare una prova scritta, potrebbe ripensare al fatto che gli avete dato dello “stupido”. Oppure proverà sentimenti di rancore e se la prenderà con i compagni più piccoli. Anche voi a questo punto avete difficoltà a concentrarvi sul lavoro perché vi sentite in colpa, vi vergognate del vostro comportamento e siete preoccupati per vostro figlio. Quindi il vostro obiettivo a breve termine è probabilmente stato raggiunto: siete arrivati al lavoro puntuali, ma sia il rapporto con vostro figlio che la sua autostima sono stati danneggiati.
Ora immaginate questa situazione:
Vostro figlio/a è cresciuto. State per festeggiare il suo ventesimo compleanno. Immaginate come sarà vostro figlio/a a quella età. Che genere di persona desiderate che sia diventato?
Pensate a tutte le caratteristiche che sperate che vostro figlio/a abbia da adulto. Molti genitori sperano che i figli diventino sicuri di sé, onesti, educati, sappiano provare empatia per gli altri; ma anche che si impegnino negli studi o nel lavoro, siano responsabili, giudiziosi e non violenti. È questo il genere di qualità che sperate di ritrovare in vostro figlio/a?
Che genere di rapporto sperate di avere con vostro figlio/a quando avrà vent’anni?
Quali sentimenti sperate che provi per voi? Molti genitori sperano di avere figli che vogliano loro bene, che passino volentieri del tempo con loro, che si rivolgano a loro per consigli; ma anche che si interessino e si fidino di loro. È questo il tipo di rapporto che sperate di avere con vostro figlio/a?
Quando pensate a tutte queste speranze che nutrite per il futuro state individuando i vostri obiettivi a lungo termine.
Ora pensate alla relazione che intercorre tra le vostre reazioni a situazioni di stress a breve termine e i vostri obiettivi a lungo termine.
URLARE SCHIAFFEGGIARE MINACCIARE INSULTARE AFFERRARE CON FORZA
Quando urlate a vostro figlio/a gli state insegnando a essere una persona educata? Quando lo picchiate gli state insegnando come risolvere i problemi senza ricorrere alla violenza? Quando lo minacciate state instaurando un rapporto di fiducia con lui/lei?
I bambini imparano a gestire lo stress osservando i propri genitori. Se noi reagiamo urlando, picchiando, insultando stiamo insegnando ai nostri figli l’esatto opposto di quello che vorremmo. Ogni volta che reagiamo con il nostro cervello emotivo perdiamo una grande opportunità: quella di indicare ai nostri figli una strada migliore.
La chiave per avere un buon rapporto e poter davvero insegnare quello che desideriamo ai nostri figli è imparare a considerare i problemi che richiedono una soluzione immediata come opportunità per raggiungere i nostri obiettivi di lungo termine.
Quando sentite che i muscoli si irrigidiscono, il battito del cuore aumenta, che il tono della voce si alza state ricevendo un segnale: in quel momento avete l’opportunità di insegnare qualcosa di importante a vostro figlio. Avete l’opportunità di insegnare a:
- gestire lo stress;
- comunicare con gentilezza anche in situazioni di tensione;
- gestire le situazioni conflittuali senza ricorrere alla violenza;
- tenere conto dei sentimenti degli altri;
- raggiungere il vostro obiettivo senza ferire gli altri a livello fisico o emotivo.
Le situazioni di stress e di tensione sono un’opportunità per dare il buon esempio ai vostri figli. Ogni volta che gestite bene queste situazioni anche loro imparano a gestire nello stesso modo il proprio stress.
Questa è una delle più grandi sfide per noi genitori: raggiungere i nostri obiettivi a lungo termine realizzando allo stesso tempo anche quelli a breve termine. Come riuscirci? Possiamo riuscirci concentrando il nostro cervello razionale sui due strumenti più efficaci a disposizione di un genitore: l’affetto e i punti di riferimento.
FAR SENTIRE FORNIRE
IL PROPRIO AFFETTO PUNTI DI RIFERIMENTO
INDIVIDUARE IVOSTRI OBIETTIVI A LUNGO TERMINE
RISPETTO NON-VIOLENZA FIDUCIA SICUREZZA DI SÉ EMPATIA
Far sentire il proprio affetto
Per comprendere perché l’affetto è importante nel rapporto genitori-figli e per l’apprendimento del bambino svolgete il seguente esercizio.
Proprio come noi, anche i bambini, se hanno paura, perdono la motivazione a impegnarsi. Possono provare rancore, ansia o tristezza. E proprio come noi i bambini imparano meglio quando si sentono
rispettati, compresi, protetti e amati. Questo è l’affetto. Per affetto intendiamo protezione fisica ed emotiva. In un’atmosfera di affetto il bambino si sente al sicuro anche se commette errori. Si fida dei
suoi genitori e in questo modo diventa più sicuro di sé ed è più motivato a impegnarsi. Impara inoltre l’importanza dell’empatia e del rispetto per i sentimenti altrui.
Cerca di essere gentile con i tuoi figli. Mostrati serena e cerca di capire quello che prova il bambino/a
Un genitore deve sempre sostenere suo figlio/a, tenere conto dei suoi sentimenti. Fate in modo che vostro figlio/a si senta protetto e felice

AFFETTO SIGNIFICA PROTEZIONE FISICA ED EMOTIVA. UNA FAMIGLIA IN CUI C’È UN CLIMA DI AFFETTO È FONDAMENTALE PER POTER RAGGIUNGERE GLI OBIETTIVI A LUNGO TERMINE
Una famiglia in cui c’è un clima di affetto è fondamentale per poter raggiungere gli obiettivi a lungo termine. Cosa fanno i genitori per far sentire affetto ai loro figli?
- dimostrano di amarli, anche quando sbagliano;
-  li confortano quando soffrono o sono spaventati; D li ascoltano;
-  tengono conto anche del loro punto di vista;
-  giocano con loro;
- ridono insieme a loro;
- li sostengono quando devono affrontare una prova; D li incoraggiano di fronte alle difficoltà;
- gli dimostrano che credono in loro;
- riconoscono il loro impegno e i loro successi;
- dimostrano di avere fiducia in loro;
- si divertono insieme a loro;
-  li abbracciano;
- leggono per loro;
- dicono “Ti voglio bene”.
L’affetto è assolutamente necessario per costruire una relazione genitoriale positiva. L’affetto deve essere sempre presente, ma non è sufficiente; deve essere sempre accompagnato dai punti di riferimento.
Fornire punti di riferimento
Per comprendere perché i punti di riferimento sono importanti nel rapporto genitori- figli e per l’apprendimento del bambino svolgete il seguente esercizio:
Se un bambino commette un errore, parlagli e spiegagli cosa è giusto e cosa è sbagliato
Cercate di vedere le cose dal nostro punto di vista e di essere comprensivi
FORNIRE PUNTI DI RIFERIMENTO SIGNIFICA DARE INFORMAZIONI
E COMUNICARE IN MODO CHIARO E RISPETTOSO. SIGNIFICA DARE AI BAMBINI GLI STRUMENTI DI CUI HANNO BISOGNO PER RAGGIUNGERE I LORO OBIETTIVI IN MODO AUTONOMO
Indipendentemente dalla nazionalità o dalla professione la maggior parte degli adulti sceglierà la prima risposta ad ogni domanda. Infatti è più facile imparare se le cose ci vengono spiegate, se qualcuno ci parla con calma dei nostri errori e ci indica come poter migliorare in futuro. Se gli insegnanti non ci spiegano le cose e ci puniscono quando commettiamo degli errori non riusciamo a migliorare. Se quando commettiamo degli errori l’insegnante ci ferisce o ci mette in imbarazzo probabilmente in futuro cominceremo a nascondere i nostri errori. Se i nostri insegnanti sono aggressivi piuttosto che comprensivi, molto probabilmente proveremo rancore, ci sentiremo offesi e impareremo che l’aggressività è una cosa giusta.
Se diamo ai bambini delle regole che noi per primi non rispettiamo o ci aspettiamo che loro capiscano da soli cosa devono fare e poi li puniamo quando commettono degli errori, si sentiranno confusi e nervosi. Se li costringiamo a tenere un certo comportamento, loro opporranno resistenza. Se li feriamo quando commettono degli errori, cominceranno ad avere paura di tentare cose nuove. Proprio come noi, anche i bambini imparano meglio quando ricevono informazioni, quando sono aiutati a
trovare dei metodi costruttivi per raggiungere i loro obiettivi e quando comprendono i motivi che sono alla base delle regole. Questi sono punti di riferimento. Fornire punti di riferimento significa dare informazioni e comunicare in modo chiaro e rispettoso. Fornire punti di riferimento non
significa costringere, tenere sotto controllo o punire, ma piuttosto dare ai bambini gli strumenti di cui hanno bisogno per raggiungere i loro obiettivi in modo autonomo.
Cosa fanno i genitori per fornire punti di riferimento?
- si comportano in modo corretto dando così il buon esempio ai propri figli;
- spiegano i motivi delle regole;
- li coinvolgono quando si devono definire delle regole;
- spiegano il loro punto di vista e tengono conto del punto di vista dei figli;
- li aiutano a trovare il modo migliore per correggere i propri errori, in modo da
imparare dagli errori stessi;
- spiegano che le azioni hanno delle conseguenze anche sulle altre persone;
- parlano spesso con loro;
- sono giusti e comprensivi;
- tengono sotto controllo la propria rabbia ed evitano di fare minacce;
- li preparano ad affrontare le difficoltà spiegando cosa aspettarsi e come superarle;
- danno ai propri figli tutte le informazioni necessarie affinché possano prendere le
decisioni giuste;
- non minacciano di picchiarli o di non amarli più e non cercano di impaurirli facendo
riferimento a mostri o ad altre cose che spaventano i bambini.
Per costruire un buon rapporto genitori-figli è necessario sia
far sentire il proprio affetto che fornire punti di riferimento
in modo costante e per tutto il periodo di sviluppo del
bambino, dall’infanzia all’età adulta. Per fare ciò è necessario
un approccio che si concentri sugli obiettivi a lungo termine e
fornisca al bambino un contesto di apprendimento affettuoso e
le informazioni necessarie a raggiungere gli obiettivi durante tutto il suo percorso di crescita.
Tutti i bambini, così come gli adulti, imparano meglio quando sono aiutati e informati. Tuttavia avranno bisogno del sostegno e dell’informazione adatti al loro grado di comprensione. Nel prossimo capitolo descriveremo le fasi dello sviluppo dei bambino. Queste informazioni vi aiuteranno a riflettere sul tipo di affetto e sui punti di riferimento di cui hanno bisogno a seconda della loro età.


Cerca di essere serio e gentile e allo stesso tempo di dire le cose senza ferire tua figlio/a

Nessun commento:

Posta un commento