giovedì 25 maggio 2017

Caccia al bambino sano: CI RISIAMO OFFERTA DI CONSULENZE O VISITE GRATUITE

Caccia al bambino sano: CI RISIAMO OFFERTA DI CONSULENZE O  VISITE GRATUITE: ATTENTI QUANDO VOGLIONO FARE QUALCOSA GRATIS
Risuccede in questi giorni a Genova. Professionisti che si offrono di fare visite o dare consigli gratuitamente all’asilo o a scuola. Tutti contenti: la scuola che dà un servizio, i genitori che hanno consulenze gratuite e aderiscono (meglio un esame in più, si pensa…o non costa niente, e qui sbagliate come leggerete dopo). Prima di aderire chiedete al vostro pediatra in quanto in alcuni casi vengono seminati dubbi sulla salute del bambino che lasciano conseguenze sulla nostra salute mentale (e sulle nostre tasche). 
Frasi tipo va tutto bene ma…meglio approfondire…potrebbe avere….ecc. Alcune iniziative sono ben coordinate e gestite, soprattutto se pubbliche o fatte CON le famiglie, non si può fare di tutta un’erba un fascio…ma prima di aderire prendetevi un po’ di tempo e informatevi.
La “caccia” al bambino sano (ovvero, in alcuni casi,  creare malattie o mettere sospetti di malattia...vedi sotto) è uno sport in atto da tempo finalizzato spesso più a interessi di vari tipo (scientifici, visibilità, economici ecc.) che alla salute dei bambini
Uno dei problemi, sempre più in aumento, è l’eccesso di servizi sanitari e la richiesta di esami, visite o terapie, spesso indotte dal fatto che la sanità è, anche e per alcuni soprattutto, un mercato. L’offerta “gratuita” di visite specialistiche a bambini, nelle comunità o auto prescritta da genitori in un paese ove esiste la pediatria di famiglia suscita forti perplessità. Si alimenta, ed aumenta,  un fenomeno già noto molto abusato nel nostro paese: il “consumismo” sanitario responsabile di un aumento dei costi senza benefici per i cittadini e induttore di un aumento della spesa ma, soprattutto, dannosa, per il cittadino e non solo per il medico, medicina difensiva.
E’ noto che l’offerta in sanità causa aumenti di richieste e che l’esecuzione di esami, visite o terapie “inappropriati” (non utili per il cittadino) e non filtrati dal medico curante, oltre a determinare dei costi indiretti allo stesso ed essere una fonte di ansia e di malessere è responsabile, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, del 20-40% della spesa sanitaria. Togliendo risorse ad altri  servizi. MA SOPRATTUTTO FACENDO AMMALARE PSICOLOGICAMENTE BAMBINI E FAMIGLIE.
Da alcuni anni si è creato in Italia un Movimento denominato “Slow Medicine” (www.slowmedicine.it <http://www.slowmedicine.it> ) per una Medicina “Sobria, “Rispettosa” e “Giusta”. All’interno del Movimento è stata avviata l’iniziativa “Fare di più non significa fare meglio”, promossa anche da FNOMCeO, IPASVI, SIQuAS-VRQ, l’Istituto Change di Torino, PartecipaSalute, Inversa Onlus, Altroconsumo e Slow Food Italia, e che si sta realizzando con la collaborazione con società scientifiche italiane, mediche e infermieristiche.
Il messaggio che questa iniziativa intende lanciare all’opinione pubblica è che in sanità a volte è meglio fare meno nello stesso interesse del paziente.

Alberto Ferrando

 Bambini e sanità: la caccia è sempre aperta        (di Lucio Piermarini pubblicato su Quaderni ACP  n. 1 gennaio-febbraio 1996)

Con grande soddisfazione degli appassionati, proseguendo una tradizione ben consolidata, anche le nuove Direzioni Generali (o, meglio di management) hanno riconfermato l'apertura perenne della caccia al bambino senza limitazione di specie. La truppa di cultori di questa appagante disciplina sempre più folta e variegata nella sua composizione e, accanto alla tradizionale figura del pediatra, anch'essa composita per il vero, hanno fatto la loro comparsa veri e propri artisti della materia, capaci di tali innovazioni da sconcertare i puristi.
Il medico sportivo, tanto per fare un esempio, non stana personalmente il bambino ma sfrutta la cieca obbedienza alle leggi delle società sportive che ignare (o incuranti) della sua brillante mimetizzazione gli affidano i piccoli. Quindi non mostrano alcun timore, tale è l'abilità del cacciatore, e pascolano tranquilli vicino al loro carnefice, quando -improvvisamente- vengono catturati con una astuta presa di tonsilla o di prepuzio fimotico. Altri si sono specializzati e sono interessati non alla preda intera ma a una sua parte. Per esempio gli occhi, gli orecchi, la pelle, lo scheletro e così via. E, cosa da non credere, riescono anche qui a trarne un guadagno. I cacciatori tradizionali, i pediatri di base, hanno spesso protestato contro questa invasione delle loro riserve ma poi, fatto buon viso a cattivo gioco, hanno pensato bene di utilizzare le stesse tecniche venatorie. Si sono infatti visti gli ospedalieri e gli universitari, usi da sempre alla caccia d'appostamento della grossa selvaggina, cominciare ad uscire dai loro capanni e organizzare grandiose battute di caccia nel territorio con grande dispendio di mute di specializzandi da fiuto e da riporto.
Per tacitare i malpensanti, va sottolineato l'alto contenuto ecologico di questa svolta; tutti ormai sanno come il bambino malato acuto sia ormai una specie in via di estinzione, mentre ancora abbonda il bambino sano. Specie, quest'ultima, poco apprezzata per le sue grandi capacità di sfuggire alla cattura ma, che inserita nel più idoneo habitat delle campagne di screening per altezza, peso e sviluppo puberale, si è rivelata preda più facile e capace di sfamare un incredibile numero di seguaci di Artemide. L'attività meritoria della confraternità ospedaliera di caccia si è ulteriormente arricchita con la creazione di sezioni dedite al ripopolamento della selvaggina. I metodi utilizzati sono altamente innovativi. Se i cuccioli, infatti, fossero liberati nel loro territorio e qui abbandonati a se stessi, cadrebbero immaturamente vittime di una categoria di cacciatori particolarmente aggressiva, i PDB muniti di licenza SSN (Solo Sani Normali). Per evitare tutto ciò, con ingegnose tecniche di richiamo quali invitanti aree protette, mangime facilmente disponibile e induzione di condizionamenti pavloniani, i cuccioli vengono attirati continuamente nell'allevamento in cui sono nati e seguiti nel tempo fino allo stadio di selvaggina matura per la caccia pur rimanendo prevalentemente a disposizione dei cacciatori che, tutto sommato, li hanno praticamente visti nascere .
In tutto questo gioioso “panorama”  sinora, però, un piccolo neo: l’aumento della specie “malato cronico”, da sempre avara di soddisfazioni. Il cacciatore nella propria attività cerca il piacere del bel gesto tecnico, l’impegno intenso ma coronato dal successo, la cattura e la fruizione della selvaggina, spazi luminosi e ridenti come palcoscenico della sua performance.
Il cronico, invece, aggirandosi con petulante assiduità nelle zone di caccia e offrendosi sfacciatamente alla cattura, si presenta come un facile obiettivo; è in realtà preda ostica – spesso da inseguire in habitat spogli e deprimenti – e talmente refrattaria agli interventi usuali da risultare spossante e, alla fine priva di un concreto interesse. La maggior parte della categoria tende perciò a disinteressarsene e a lasciarne la cura a compagnie di bracconieri, che proprio per le caratteristiche dei soggetti, arrivano a utilizzare sistemi tutt’altro che ortodossi ma che comunque sufficientemente riescono ad evitare una indebita mescolanza con la selvaggina più pregiata.
In mezzo a tanta aggressività, le associazioni di appassionati, come i pediatri di comunità, stentano ad orientarsi. Non trovano più bambini e (dobbiamo dire, con molto dispiacere) non riescono quasi mai a onorare il carniere, tanto che – si mormora – intendono modificare il proprio statuto e trasformarsi in guardiacaccia.
Il nostro augurio è che questo frutto della nostra società non venga messo in pericolo da inopportuni scrupoli pseudo – etici e intempestive considerazioni costo- efficientistiche.
Buona caccia a tutti            



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