venerdì 1 aprile 2011

"Perché non faccio le cose che mi fanno bene?Come rimettersi in cima alla lista delle priorità. Commento di Paola Santagata

Qualche tempo fa, guardando distrattamente tra gli scaffali di una libreria, ho notato questo libro, dal titolo molto accattivante. “Perché non faccio le cose che mi fanno bene?” quante volte me lo sono chiesta, forse centinaia e mai la risposta, che mi sono data, mi ha convinto fino in fondo. Il libro è scritto molto bene, quasi si instaura un dialogo tra il lettore e l’autrice, e la struttura stessa del libro lo rende quasi un compagno di viaggio nella vita quotidiana. E’ diviso in tre parti: PERCHE’, COME, CHE COSA. Ogni capitolo delle prime due parti vuole essere guida per una settimana, che, in teoria, dovremmo leggere in cinquantadue settimane, mentre i capitoli della terza parte sono i suggerimenti finali per completare il cambiamento e renderlo definitivo.


PERCHE’


Questa è la prima grande domanda che ciascuna di noi si pone quando, guardandosi allo specchio, non si ritrova più. Ogni settimana di questa prima parte del libro vanno all’origine del problema, dopo una breve descrizione, ci suggerisce il proposito per la settimana per esempio “pensa ad aspetti della cura di te stessa di cui in realtà non ti piace occuparti. Possono essere anche cose semplici come togliersi il trucco prima di andare a letto”


COME


E’ la seconda grande domanda che ci poniamo nel momento in cui realizziamo che dobbiamo reagire alla nostra pigrizia mentale e fisica nella cura di noi stesse. Ogni settimana del “come” ci spinge ad una reazione, fondamentale, a parer mio, la 6° “Cura di se non significa egoismo”. Madre Teresa di Calcutta affermava “non vale la pena di vivere se non si vive per gli altri”, ma come posso aiutare gli altri se non mi prendo cura di me stessa? L’autrice ricorda che “le assistenti di volo, sugli aerei di linea, al decollo dicono < se l’aereo dovesse perdere inaspettatamente quota, scenderanno automaticamente verso di voi delle maschere a ossigeno. Mettete subito la vostra maschera, prima di cercare di aiutare i vostri figli o qualsiasi altra persona a mettere la sua>. Il significato del messaggio è che io non posso aiutare nessuno se prima non ho provveduto a me stessa. Se tentassi di mettere prima la maschera a mio figlio, potrei perdere i sensi per mancanza di ossigeno e morire. In tal caso non sono di alcuna utilità né a mio figlio né ad alcun altro. Se io amo davvero i miei figli e voglio essere la miglior madre possibile, devo prima di tutto prendermi cura di me stessa.” In questa parte del libro, ogni tanto, esce fuori il suo spirito americano, per me alcune volte eccessivo, come ad esempio ci suggerisce di fare un elenco dei nomi delle persone che non sono disponibili a sostenerci, a riconoscere i nostri meriti e a incoraggiarci. Dovremmo leggere questo elenco alcune volte, scrivere, poi, i nomi di chi ci sostiene, leggere anche questo elenco più e più volte e attaccarlo ad uno specchio o in un posto in cui riusciamo a trovarlo facilmente quando abbiamo bisogno della acqua fresca, refrigerante, dell’amore e del sostegno


CHE COSA


E’ l’analisi che dobbiamo fare per capire il cambiamento e non renderlo reversibile: “ vedere e riconoscere la verità su noi stessi e accettarla senza criticare è la pietra angolare della cura di sé” L’imperativo finale è insegnare ad altri come fare le cose che fanno bene. “ Imparare significa scoprire quello che già si sa. Fare significa dimostrare che lo conosci. Insegnare è ricordare ad altri che anche loro lo conoscono bene quanto te. Noi tutti impariamo, facciamo, e insegniamo” R. Bach, autore del Gabbiano Jonathan Livingston.




1 commento:

  1. una mia amica mi ha regalato questo bellissimo libro per il compleanno. ovvio, figuriamoci se ho potuto leggerlo subito... ma il titolo. solo il titolo e il disegno in copertina. ero al lavoro, la mente e l'ansia sotto una montagna di stress, il monte più alto del mondo era per me quella lunga giornata davanti. ce la posso fare, dicevo con gli occhi all'ingiù tipo panda (fantozzi). una mattina inconcludente, nessuno mi considerava, appena aprivo bocca venivo zittita. certo non lavoro tra cattive persone, anzi. era solo un momento denso e difficile. in quel momento, la sedia scomoda mi ha parlato: "perchè non riesci a fare le cose che ti fanno bene?" e mi ha chiamata l'agenda dalla borsa: "guarda bene, è tutta la settimana che ti stressi per fare quindici cose, invece dai un'occhiata al monte ore: hai sforato rispetto al totale annuale. quanto al resto, puoi tranquillamente farlo il prossimo mese". e l'orologio: "è già il tuo orario di uscita, vuoi andare o no?". sono uscita, quasi senza salutare, con un sorriso malandrino. la spesa? lo stiro? i letti? la polvere? no no. un bel lettino UVA, con dormita, e una bella chiacchierata con mio fratello. mesi, forse anni che non stavo un po' seduta con lui...
    Terry

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