sabato 2 marzo 2013

SINDROME DELLA MADRE MALEVOLE (O SINDROME DA ALIENAZIONE PARENTALE: PAS)

Cari Genitori
Da un pò di tempo va di "moda" una sindrome chiamata "Sindrome da alienazione parentale"(Parental Alienation Syndrome - PAS) molto diffusa nei tribunali e più nei tribunali che non in ambiente medico in quanto tale sindrome NOn esiste finora nei manuali classici medici (per la psichiatria il il DSM 4).
Qui sotto trovate un bell'articolo dell'amica Maria Adele Serra, psicologa, e a questo link, a pagina 20, un bell'articolo della Pediatra Maria Serenella Pignotti: http://issuu.com/pensiero/docs/pediatria01-02-2013?mode=embed&layout=http%3A%2F%2Fskin.issuu.com%2Fv%2Flight%2Flayout.xml.

Il bambino viene descritto come un "perverso polimorfo"!!!! In italiano la sindrome si chiama anche "sindrome della madre malevola"!!!
Chi vuole legga ma, purtroppo, in alcune separazioni e divorzi, ce ne è per tutti: mamma, papà, nonni, amici e parenti che spesso dimenticano il benessere del bambino anzi lo sfruttano per danneggiare il padre, o la madre o tutti e due (i nonni).
Su questa sindrome troverete una bela descrizione qui sotto da parte della dott.ssa Serra e nell'articolo della pediatra ove si dice:"La PAS è il sogno dell'avvocato della difesa".
Badate non voglio dire che in alcuni casi la madre, o il padre, non monti il bambino contro l'altro coniuge ma che la PAS è, per ora, più una cosa da tribunali che da medici o psicologi
Buona giornata
Alberto Ferrando
La conflittualità genitoriale grave e le sue conseguenze sui figli: riflessioni  sulla P.A.S. Paret Alienation Syndrome (di Maria Adele Serra)

 La famiglia, nonostante le profonde trasformazioni subite, rappresenta ancora il luogo privilegiato dove l’essere umano si sviluppa e cresce: infatti gradualmente diventa sé stesso e cioè un individuo con le sue caratteristiche peculiari ed apprende la difficile arte della relazione. Lo sviluppo dell’identità e della capacità relazionale sono i due volti di un unico processo di crescita.
La differenziazione e il riconoscimento dell’interdipendenza di ciascun individuo dagli altri membri della famiglia, nella continua ricerca di nuovi equilibri, dovrebbe essere il compito della famiglia.
La gestione delle differenze individuali, che possono comportare  dei conflitti è un altro compito della famiglia. Ogni rapporto interpersonale infatti, in quanto occasione d’incontro con la diversità dell’altro, ne implica la presenza. Il conflitto nasce dal non riuscire ad accogliere la diversità dell’altro negli aspetti non graditi, pretendendo una sorta di omologazione o realizzando una negazione.
Le divergenze ed il conflitto pertanto non possono non essere presenti all’interno di un sistema famigliare e la loro evoluzione dipende dalla capacità della famiglia di gestirle.
La famiglia diventa un luogo di crescita se il dissidio non fa paura, ma è vissuto come un’occasione di conoscenza di sé stessi e dell’altro, dei propri limiti e bisogni, come superamento del proprio narcisismo per l’accoglienza e la tolleranza verso le diversità dell’altro.
Il mantenimento di una visione realistica e positiva di sé e dell’altro permette di evitare di reagire in modo distruttivo alle differenze, non percependole come pericolose.
Quando questa però non viene sostenuta e protetta, il conflitto può degenerare nella svalutazione dell’altro per proteggersi da quest’ultimo, vissuto come un pericolo.

Secondo vari autori il legame sentimentale di coppia, basato su un impegno, spesso nasce per dare una risposta alle proprie tematiche interne attraverso il rapporto con l’altro e per questo la vita a due costituisce un peculiare intreccio tra variabili intrapsichiche e relazionali.( Malagoli Togliatti e Lubrano Lavadera, 2005).
L’obbiettivo è costituito dal desiderio “di un compagno che permetta di estinguere la propria sete di accettazione, di garanzia di affetto e cura, di affermazione e crescita reciproca”.
La vita sentimentale può assumere così un aspetto “riparativo” rispetto alla propria storia individuale o diventare occasione di dolore e disillusione, se un partner nel tempo non risponde più alle aspettative che l’altro ha coltivato, attraverso l’affido all’altro delle parti irrisolte della propria storia personale. (Santona e Zavattini, 2005).
Queste possono essere le radici del deterioramento di tanti rapporti di coppia, che spesso giungono a conflitti gravi ed alle separazioni coniugali. In molti casi però questi rapporti disfunzionali, diventano opportunità per i partners  per prendersi qualche “rivincita” rispetto ai propri legami affettivi irrisolti e quindi vengono utilizzati in modo patologico per agire sofferenze ed aggressività profonde. Sia nella situazione di separazione che nel mantenimento del rapporto di coppia, possono maturare gravi e duraturi conflitti.
La conflittualità della coppia, sia unita che separata, agisce tramite il ritiro della fiducia al partner sia come individuo, sia come genitore nella sua capacità di educare adeguatamente i figli.
L’inadeguatezza di un partner verso l’altro può essere perciò spostata all’esterno ed attribuita ad una generale inadeguatezza ad affrontare le esigenze della vita, della coppia e dello sviluppo della famiglia.
(Zavattini, 2006).
La squalifica del partner, che comporta aggressività verso il partner stesso, può concretizzarsi come un vero e proprio maltrattamento nella forma di violenza assistita (CISMAI) psicologica, quando non anche fisica, che può provocare trauma e ferite profonde difficili a rimarginarsi e pronte a riaprirsi. Se, come afferma Dorothy Nolte, i bambini imparano ciò che vivono, la prolungata convivenza con sentimenti di critica, sfiducia, squalifica, tensione e aggressività fa sì che tali sentimenti vengano appresi e introiettati dal bambino/adolescente e diventino una componente stabile del suo mondo interno.
Inoltre il bambino/adolescente non riuscendo a porre fine ad una situazione che lo fa star male, si sente impotente e tende a reagire sentendosi colpevole di quanto sta accadendo, per aver l’impressione di avere  potere e controllo su ciò che lo fa soffrire.
La caratteristica di questo tipo di relazioni famigliari è che tendono non solo a cronicizzarsi ma a peggiorare nel tempo, se non viene fatta una scelta di cura.
In questo scenario relazionale l’attenzione dei genitori spesso viene distolta dal bambino/adolescente e centrata sul partner, fonte di pericolo e sofferenza.
In questi casi l’ascolto del figlio/ da parte dei genitori diminuisce considerevolmente.
Come afferma Dorothy Nolte, i bambini/adolescenti per poter crescere  bene e prepararsi a vivere in un mondo “buono”, hanno bisogno di sentimenti di rispetto, sicurezza, apprezzamento, tolleranza, accettazione, condivisione ed il luogo per imparare questi sentimenti è la famiglia.
Queste relazioni famigliari disfunzionali pertanto possono creare danno nei figli e disturbi mentali, tanto che il “Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders”, D.S.M. V in pubblicazione per il 2013 prevederà probabilmente i Parental Alienation Desorders, P.A.D.
In casi di conflitto gravissimo tra genitori separati può accadere che il genitore, che convive con il minore, cerchi in ogni modo di evitare le visite previste all’altro genitore, condizionando il figlio ad una visione negativa dello stesso ed interferendo così nel loro rapporto di affetto. Questo rifiuto è stato definito da Richard Gardner, psichiatra statunitense, P.A.S. Parental Alienation Sindrome, sindrome più volte rifiutata dalla comunità scientifica e quindi non inserita nel DSM IV per mancanza di evidenza scientifica.
R. Gardner inoltre appare una figura professionale e scientifica con molte ombre, verso cui la comunità scientifica internazionale ha preso una posizione molto chiara.
Tra l’altro ha scritto molto in difesa della pedofilia ed ha affermato che il bambino va consegnato anche al padre pedofilo, in quanto la pedofilia è un fenomeno estremamente diffuso e va perciò accettato.
Tuttavia la “Convenzione di New York sui diritti del fanciullo” nell’art 12 afferma che “gli stati garantiscono al fanciullo capace di discernimento il diritto di esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessa, le opinioni del fanciullo essendo debitamente prese in considerazione tenendo conto della sua età e del suo grado di maturità.
A tal fine, si darà in particolare al fanciullo la possibilità di essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo concerne, sia direttamente, sia tramite un rappresentante o un organo appropriato, in maniera compatibile con le regole di procedura della legislazione nazionale”. Viene sancito così il diritto del minore all’ascolto anche in sede giudiziaria e pertanto egli non può essere obbligato a scelte che non condivide.
Tuttavia la Commissione Giustizia al Senato ha presentato per la discussione il 9 luglio 2012 alcuni emendamenti al DDL 957, che modificano la L. 54/2006 in materia di affidamento condiviso con lo scopo di consolidare la bigenitorialità.
Questi emendamenti contengono in particolare la legittimazione normativa della Sindrome di Alienazione Parentale proposta da Richard Gardner, che viene anche definita “sindrome da tribunale” (Houchin, Ranseen, Kash, Bartnicki, The Journal of the American Academy of Psychiartry, Vol 40, N° 1, 2012 pp. 127-131) in quanto utile nelle cause di separazione. Questi autori hanno riconosciuto che nello scenario di separazioni conflittuali possano essere messe in atto campagne denigratorie, che non costituiscono una sindrome, un disturbo mentale con una rilevanza scientifica, bensì sono azioni che appartengono alle battaglie per la custodia dei figli ed ai risarcimenti economici.

Penso che sia utile riflettere e far riflettere su questi temi ed evitare una modifica di legge, che creerebbe un ulteriore gravissimo danno al minore già sofferente a causa dei gravi conflitti genitoriali.
Maria Adele Serra










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