COMPITI A CASA: TROPPI? LI FA IL BAMBINO, LA MAMMA O ENTRAMBI?
Compiti si, compiti no: gioie e
dolori della famiglia italiana
Con l’inizio della scuola, numerose
famiglie si ritrovano a riaffrontare insieme con i propri figli il tema dello
studio ma oggi, rispetto al passato, questo momento sta diventando un fenomeno “sociale”. Infatti, investe l’intera
famiglia già alle prese con una vita frenetica e costringe, spesso, le mamme a
mettersi letteralmente a servizio di figli che esigono una presenza costante
del genitore per lo svolgimento dei compiti con conseguenti tensioni in
famiglia con il loro seguito di
rimproveri, nervosismo, conflitti, urla, ribellioni, proteste, punizioni se il
bambino si dimostra poco collaborativo a farli. L’Italia è il paese OCSE ove
vengono assegnati più compiti a casa L
Situazioni di questo tipo purtroppo
sono all’ordine del giorno: spesso sento mamme che dopo una giornata di lavoro
fuori casa sono alle prese con figli poco motivati che si lamentano e fanno
opposizione su tutto e, al momento dei compiti, rimandano l’esecuzione a più
tardi facendo i capricci o adducendo banali pretesti.
Molte famiglie lamentano i troppi
compiti e la maggior parte di essi mette in discussione il loro senso e in
dubbio la loro efficacia. Vedete il sito: www.bastacompiti.it
e anche il gruppo facebook. Gli studenti ritengono che i tanti compiti
assegnati impedisce loro di vivere altre esperienze oltre alla scuola e, spesso
li vivono come una sorta di imposizione calata dall’alto. Per i docenti,
invece, sono indispensabili per gli
alunni per consolidare il loro apprendimento, il loro lavoro intellettuale e
dovrebbero sollecitare la loro autonomia, sviluppare metodo di studio,
insegnando loro a gestire meglio il proprio tempo di studio.
Il tema è piuttosto spinoso e quello
che a mio avviso è importante che questo “compito” rappresenti per i nostri
ragazzi un momento stimolante, piacevole di apprendimento che può essere utile
per consolidare quanto si è fatto a scuola.
L’argomento penso possa richiedere
molto tempo, analisi dei pro e contro ma ora, tralasciando questo
approfondimento che mi auguro anche i genitori vogliano poi dare il proprio
giudizio andiamo a considerare cosa si può fare nell’ambito familiare visto che
per ora i compiti vengono assegnati.
Prima di tutto è assolutamente controproducente che lo studio
diventi una fonte di stress per tutta la famiglia. Quindi
facciamo un respiro profondo e proviamo a comprendere quale sia la strategia
migliore per stare vicino ai figli, evitando la tragedia pomeridiana.
COMPITI A CASA
La prima regola e direi la più
importante è quella di non sostituirsi mai ai figli e non studiare al
loro posto. E poi che cosa si può fare? Ecco un piccolo decalogo:
•
Organizzare
lo spazio e il tempo per lo studio, incoraggiateli, ricordando che nel fine
settimana è importante che si avvantaggino per lasciare ai giorni feriali,
pieni d’impegni, il ripasso.
•
Punire
un bambino perché non fa i compiti non serve a nulla e fare delle maratone serali per portare a
termine degli esercizi non sono affatto efficaci perché il giorno dopo il
problema si ripresenterà di nuovo.
•
Aiutiamoli
a concentrarsi da soli sul testo e a supportarli solo quando è
necessario: infatti, l’aiuto non va escluso, ma limitato, ridotto e non totale.
•
Stabilite
una routine, un orario fisso per i compiti (mai dopo cena), andrà bene la loro
cameretta o altro ambiente dove vi sia sufficiente tranquillità (via la TV).
•
Fate domande per
guidare il loro ragionamento e per verificare che abbiano compreso il corretto
significato di alcune parole, cosa che non sempre possiamo dare per scontata;
•
Non
mettete loro mai fretta, anzi stimolateli facendo notare collegamenti tra
gli argomenti, le diverse materie e anche la realtà che li circonda, con esempi
che solletichino il loro interesse;
•
Raccontate
loro, della vostra storia scolastica, delle vostre materie preferite o meno,
del vostro metodo di studio: non perché debba diventare il loro, ma perché a
loro piace ascoltare aneddoti che avvicinano le vostre esperienze a quelle che
adesso sono le loro.
•
Mostratevi
incoraggianti e ottimisti nei loro confronti, astenendovi da giudizi pesanti se
sbagliano.
•
Non
criticate la quantità di compiti che gli insegnanti assegnano a casa: i ragazzi
debbono responsabilizzarsi e comprendere appieno che per ottenere successi
bisogna anche faticare.
•
Andare
a scuola senza compiti non è un dramma: affronterà la frustrazione e le
normali conseguenze e, paradossalmente impareranno
sulla loro pelle un importante obiettivo educativo.
tratto da
www. il cosmopolita curioso.eu
Gli studenti italiani
hanno troppi compiti a casa? Sembrerebbe di sì.
Da una relazione OCSE 2014
sull’analisi dei risultati del Programma per la valutazione internazionale
dell’allievo, meglio noto con l’acronimo PISA, che valuta ogni tre anni il livello
di istruzione degli adolescenti dei principali paesi industrializzati, risulta
che i ragazzi italiani passano in media 9 ore a settimana a fare compiti a casa
contro una media dei paesi OCSE di 4,9 ore. Per quanto riguarda la sola Unione
Europea gli studenti italiani detengono il record dei più “secchioni” seguiti
dai giovani irlandesi che, in media, passano poco meno di 8 ore settimanali a
fare i loro compiti.
Ma questo serve a
qualcosa? Sembrerebbe proprio di no. Se il metodo italiano, che prevede oltre
allo studio svolto in classe altrettanto studio al di fuori delle aule
scolastiche, portasse, per la maggioranza degli studenti, ad un livello più
alto di conoscenze e ad una maggiore preparazione non si spiega perché, nelle
valutazioni PISA, gli studenti italiani fanno spesso una pessima figura in
confronto ad altri che sui libri passano molte meno ore. Parliamo degli
studenti finlandesi o dei giovani coreani che si posizionano sempre in vetta
alle classifiche sulle competenze scolastiche e che dichiarano di dedicare allo
studio meno di tre ore in media alla settimana.
Anche l’OCSE, nelle sue
analisi, ha evidenziato che oltre alle quattro ore di studio settimanali il
tempo investito sui libri ha effetti trascurabili sui risultati.
Si potrebbe obiettare
che studiare, ore e ore, per approfondire un programma di studio può, al
limite, fornire un’ottima preparazione e un metodo a quegli studenti che
intraprenderanno studi universitari. Ma qui sorge un altro problema. I dati
italiani sui giovani laureati non sono confortanti. In Italia, solo il 22,4%
delle persone di età compresa tra i 30 e i 34 anni è in possesso di un diploma
di istruzione superiore contro una media UE del 35,8%.
Oltre alla bassa
percentuale di laureati, l’Italia è, altresì, in fondo alla classifica per
quanto riguarda il tasso di abbandono scolastico. L’abbandono precoce dei
percorsi di istruzione e formazione rappresenta un serio problema in Italia ma
se ne sente parlare molto poco. Attualmente la percentuale di abbandono
scolastico tra i giovani europei è in media del 12,8%. In Italia il tasso
di abbandono scolastico è del 17,6%. L’Italia si trova subito dietro a Spagna
(24,9%), Malta (22.6%) e Portogallo (20,8%).
Il sistema scolastico
italiano deve essere riformato. Adesso, non tra vent’anni! E’ necessario
ripensare il metodo di studio, non avendo timore di ispirarsi a modelli di
successo già attivi in altri paesi. E’ necessario dare più spazio ad altre
attività educative e ricreative oltre all’insegnamento “classico”. L’aumento
dell’attività sportiva sarebbe un ottimo inizio visto che, tra le altre cose, i
bambini italiani risultano essere i più grassi e pigri d’Europa.
https://www.dropbox.com/s/4zd4switdx8j6mu/Screenshot%202015-11-14%2014.46.51.png?dl=0
https://www.dropbox.com/s/4zd4switdx8j6mu/Screenshot%202015-11-14%2014.46.51.png?dl=0
OECD (2014), “DOES
HOMEWORK PERPETUATE INEQUITIES IN EDUCATION?”, PISA
IN FOCUS,
NO. 46, OECD PUBLISHING,
PARIS.
PARIS.
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