domenica 24 luglio 2016

CHE PAPPA PER IL PUPO: LEGGIAMO COSA DIAMO DA MANGIARE. Recensione libro: Non aprite quella pappa

Cari Genitori
Qui sotto la recensione, fatta dall'insegnante, e pedagogista, Chiara Evelli, di un libro, scritto da una giornalista mamma, sull'alimentazione dei bambini: "Non aprite quella pappa"
Due parole di precisazione prima della lettura della recensione e del libro. Bisogna distinguere tra baby food (alimentazione del primo anno di vita) e alimentazione pe bambini che non è normata e regolata chiaramente come il baby food. Per l'alimentazione dei bambini abbiamo dei punti fermi:
1) allattamento al seno, se disponibile, almeno fino al 6 mese
2) Svezzamento dal 6 mese se allattamento al seno e prima se alimentato artificialmente (tra il 4 mese e mezzo e il 6 mese)
3) Attenzione a non offrire cibo a rischio di soffocamento (somministrare cibo a pezzi piccoli e non dare in mano al bambino di pochi mesi cibo che può rompere e se inalato causare soffocamento. vedi banana o carota) e imparare a fare la manovra antisoffocamento
4) Dare cibo genuino
5) Leggere attentamente le "etichette" del cibo e usare prodotti "genuini" e privi di contaminanti e altro
Su quest'ultimo punto abbiamo posizioni estreme tra chi consiglia il cosiddetto "baby food" e chi consiglia il naturale. La verità non si trova mai agli estremi. Parlate con il vostro pediatra e fatevi una vostra opinione tenendo conto che la cosa fondamentale è  la sicurezza del prodotto di partenza e che, nel dubbio, gli omogeneizzati (demonizzati da alcuni) forniscono garanzie di genuinità migliori di alcuni prodotti naturali che sono, purtroppo, ricchi di sostanze dannose: una per tutti i pesticidi contenuti in frutta che appare tanto bella e nella verdura.
Nel libro recensito, di cui consiglio per altro la lettura in quanto utile per prendere coscienza di tante cose: pubblicità, sicurezza, lettura delle etichette ecc, si sconsiglia il baby food ma...come al solito le posizioni estreme o di chiusura sono da evitare: giusto dare cibi naturali man mano che il bambino cresce e non tirarlo su solo a cibi omogeneizzati ma non è neanche il caso di demonizzare tutto il baby food che, vista la difficoltà, in alcune realtà, di procurarsi cibo fresco e genuino e controllato, offre la possibilità di avere alimenti controllati.
Non entro nel discorso del conflitto di interesse, citato nel libro, tema ampio e che da parte mia ho superato dichiarando il mio Manifesto di trasparenza: http://www.ferrandoalberto.eu/joomla/manifesto-di-trasparenza.html
Nel libro interessanti spunti sula pubblicità e altro

Questo libro è stato scritto dalla giornalista Laura Bruzzanti dopo essere diventata mamma.
L'autrice si rende conto che i genitori sarebbero disposti a spendere qualsiasi cifra per il bene del loro Bambino e questo accade anche  con il cibo.
La scelta di ciò che diamo da mangiare ai nostri figli viene, spesso, condizionata dalla marca e dalla pubblicità che ruota intorno ad essa.
Un tempo si diceva che il bambino dovesse essere nutrito con il latte materno fino ai 6 mesi e poi si poteva iniziare a schiacciare il cibo che i componenti della famiglia mangiavano.
Con l'industrializzazione, sono nati i primi omogeneizzati, sicuramente molto utili alle mamme lavoratrici, ma sono stati fatti passare più genuini rispetto ai prodotti naturali, come una semplice mela raccolta magari nel proprio giardino e poi grattugiata.
La produzione di baby food "è regolata da norme speciali: devono contenere
livelli minimi e massimi ben precisi di vitamine e sali minerali, non possono contenere sale aggiunto , i residui massimi consentiti di antiparassitari sono molto più bassi, così come i residui massimi di contaminanti". Tutto questo appare agli occhi della mamma attenta alla salute dei propri figli, come una cosa ottima, che deve essere comprata senza dubbi.
In un'intervista Adriano Cattaneo, componente del Gruppo Nutrizionale dell'Associazione Culturale Pediatri, ha affermato che il baby food  non è migliore del cibo preparato in casa con prodotti genuini e freschi e che i bambini possono mangiare il cibo consumato dal resto della famiglia.
 "E' vero che la legislazione che riguarda il baby food è molto rigorosa, ma è altrettanto vero che le ricerche hanno dimostrato che può essere contaminato per esempio da micotossine, metalli pesanti, interferenti endocrini di vario tipo,etc."
Un'altra contestazione riguarda il fatto che il bambino quando è nell'utero è abituato a nutrirsi con il cibo della mamma ed è cresciuto dentro di lei senza alcun problema. Giustamente viene da pensare come mai per il feto non si prendano tante precauzioni, mentre per i bambini dai 6 mesi ai tre anni , bisognerebbe scegliere dei prodotti studiati per loro.
In questo modo dovrebbero riabituarsi quando sono più grandi al cibo della famiglia, mentre sarebbe più giusto saltare questo passaggio e nutrirli con prodotti genuini fatti in casa fin dai 6 mesi.

 Occorre fare attenzione alle pubblicità spesso ingannevoli, che riescono a mostrare i cibi più genuini attraverso l'uso di immagini o sottolineando gli ingredienti più sani , magari introducendone una quantità minima, ma facendo pensare ad esempio che in che quel prodotto è contenuta una grande quantità di olio di oliva, mostrando un'ampolla d'olio e di olive, per poi scoprire che in realtà è presente solo il 5% ed il resto sono tutti oli vegetali non specificati.
Lo stesso vale per delle barrette al cioccolato che appaiono in pubblicità  come merende estremamente leggere, ma questo perchè sono vendute in confezioni molto piccole, mentre in realtà sono piene di grassi.
Occorre stare attenti anche alle parole, una merenda alla fragola non vuol dire che sia fatta con le fragole, ma significa che sono stati usati degli aromi per darle quel gusto.

E' giusto riflettere anche, sul forte impatto che la pubblicità ha sui bambini, i quali sono molto attirati da quelle sul cibo perchè usano motivi musicali ed immagini di cartoni molto accattivanti.
 Frasi come : " Se mangi questo biscotto diventerai bravissimo a  giocare a calcio", convincono i bambini che quel prodotto ha davvero quelle proprietà.
Nell'epoca di internet pubblicizzare un prodotto è ancora più semplice ed economico, attraverso app, giochi online che attirano l'attenzione dei ragazzi in maniera divertente e nello stesso tempo fanno sì che la marca del prodotto sia collegato ad esperienze positive.
Le aziende, inoltre, riescono ad ottenere facilmente gli indirizzi di posta elettronica ed i numeri di telefono dei ragazzini, attraverso concorsi ai quali si può partecipare per avere un premio o uno sconto, registrandosi e fornendo tutti i dati personali.
In questo modo il ragazzino sarà "schedato" e gli verranno mandati messaggi promozionali, conoscendo ormai i suoi gusti, grazie al prodotto acquistato e per il quale ha partecipato al concorso.
Non dimentichiamoci che sono quasi sempre i prodotti meno genuini e più saturi di grassi a venire pubblicizzati.
Tutto questo contribuisce ad aumentare il fenomeno dell'obesità infantile.
Diventa difficile per i genitori controllare la pubblicità vista in televisione e quella trasmessa tramite internet.
La psicologa Francesca Romana Puggelli suggerisce ai genitori , per prevenire questo problema paragonato alla pericolosità del fumo, di spiegare sempre ai bambini con parole semplici e chiare, il motivo per il quale non possono mangiare o bere certi cibi.
Anche se piccoli, i bambini capiscono tutto e sarebbe bello portarli  con noi al supermercato per leggere insieme a loro gli ingredienti, spiegandogli ad esempio che i coloranti contenute nelle bibite fanno male e solo alcune volte si possono bere.
I  "NO" non motivati non vengono compresi dai bimbi, occorre, invece spiegare sempre il motivo del nostro rifiuto.
Paragonare ad esempio le vitamine a dei piccoli soldatini che combattono il raffreddore, potrebbe essere un metodo efficace per avvicinare i bambini al consumo della frutta.
E' fondamentale, inoltre, dare dalle regole per l'utilizzo della televisione, dei tablet e dei computer.
Sarebbe bello che i bambini non venissero lasciati troppo tempo da soli davanti al televisore, mangiando cibo spazzatura, ma stimolandoli ad uscire all'aria aperta e aiutandoli a decodificare i messaggi che arrivano dalla pubblicità con domande come queste : "Secondo te perché c'è la pubblicità? Secondo te fa bene questa bibita che fanno vedere?".
La cosa importante da ricordare è quella di non essere troppo rigidi nell'educazione alimentare, occorre, invece, far comprendere ai bambini che l'eccezioni esistono e che certi cibi anche se fanno male, alcune volte possono essere mangiati, come alle feste.
In questo modo, per esempio le patatine non diventeranno un "oggetto del
desiderio" perchè vietato in assoluto.

 Ci sono vari motivi per i quali è meglio non scegliere i cibi industriali.
  -Prima di tutto sono preparati per ottenere un guadagno e quindi i   prodotti scelti saranno quelli meno costosi e meno pregiati.
  -Sono fatti per piacere e non per fare del bene ai bambini, il loro   scopo è quello di farli comprare nuovamente e per fare questo   contengono molti sali, zuccheri e aromi per esaltarne il gusto.
  - Gli omogeneizzati ad esempio hanno tutti la stessa consistenza ed   impediscono al bambino di provare altre esperienze, come il morbido, il solubile, il croccante ed il granuloso.
  - Sono preparati in un modo che il consumatore si affezioni a quel gusto e lo spingono a scegliere sempre le stesse merendine, gli   stessi cereali, creando una "monotonia nella dieta", mentre   un'alimentazione  sana ed equilibrata prevede che si varino i gusti, in modo da assaggiare un pò di tutto.
  - Comprendono alimenti poco salutari, come bibite gassate, patatine   fritte, nettari di frutta, ricchi di zuccheri e sale.
  - Sono ricchi di conservanti e additivi perchè devono durare sugli   scaffali dei mesi e forse anche degli anni.
  Ricordiamoci, infine, di leggere sempre gli ingredienti perchè sono quelli che ci danno le maggiori informazioni su ciò che compreremo per  i nostri figli, potremo capire infatti quanti additivi sono presenti, quali oli sono stati usati, se quello di palma o quello di semi, in che quantità sono presenti gli ingredienti, ad esempio se c'è più zucchero o farina.
  

 Chiara Evelli, pedagogista e insegnante

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