martedì 30 maggio 2017

COME CREARE UNA PATOLOGIA A UN BAMBINO (EFFETTO PIGMALIONE AL CONTRARIO) OVVERO “LA PROFEZIA CHE SI REALIZZA”

COME CREARE UNA PATOLOGIA A UN BAMBINO (EFFETTO PIGMALIONE ) OVVERO “LA PROFEZIA CHE SI REALIZZA” (Da Nardone e collaboratori: “Aiutare i genitori ad aiutare i figli”)
Cari genitori
Ho già fatto un articolo allertandovi sui rischi di visite e screening,  spesso offerti gratuitamente (https://ferrandoalberto.blogspot.fr/2017/05/caccia-al-bambino-sano-ci-risiamo.html) non concordati con il pediatra curante. I danni che possono derivare da una etichetta, o anche da un dubbio di patologia (viene definito “etichettamento patologivo” )possono avere conseguenze devastanti sulla sviluppo e sul concetto di se del bambino e sull’equilibri della famiglia.
Quando un bambino viene etichettato con un disturbo come “non si concentra” , “è distratto”, “vive nel suo modno” ecc.  chi è a contatto con lui modifica il proprio atteggiamento, a partire dai  genitori.  “Effetto Pigmalione” (vedi dopo).  
E a volte le profezie prendono vita e si realizzano.
Dal libro di Nardone: Etichette patologizzanti: bambini «disturbati», bambini «incapaci», bambini «indifesi».  La prima delle «realtà terribili» è quella dei bambini inizialmente etichettati come «impossibili», «pestiferi», «iperattivi». Sono bambini molto difficili da gestire perché presentano un mix di comportamenti disturbanti e dirompenti sia a casa con i genitori che a scuola con insegnanti e coetanei.  In genere la carriera di un bambino identificato come un «Pierino la peste» segue un percorso tipico. Intorno ai cinque o sei anni, all’inizio della scuola primaria, iniziano le prime difficoltà di genitori e insegnanti nel «contenere» il comportamento del bambino. I comportamenti problematici possono variare da un’estrema irrequietezza, agitazione psicomotoria, estrema vivacità, impedendo al bambino di seguire le lezioni secondo i ritmi dettati dalle maestre, sino a manifestazioni di aperta «ostilità», atteggiamenti provocatori e oppositivi, vere e proprie aggressioni verbali e non nei confronti degli adulti, o più tipicamente dei coetanei.  A complicare questa varietà di comportamenti problematici si aggiungono spesso condotte stereotipate, azioni ripetitive – in tutto e per tutto simili ai rituali ossessivo-compulsivi degli adulti – ma anche espressioni opposte: silenzi ostinati, apparenti «isolamenti» nel proprio mondo interiore fatto di fantasie e giochi incomprensibili all’adulto”.  Questi comportamenti mettono a dura prova i genitori che mettono in atto provvedimenti che possono peggiorare la situazione:
-       Punizioni,
-       Consulenze  «diagnostiche» e specialistiche rivolgendosi a medici, specialisti, neuropsichiatri, psicologi, psicoterapeuti, medicine alternative, logopedisti, osteopati per citarne solo alcuni.
Le diagnosi più frequenti sono:
a) disturbo oppositivo-provocatorio;
b) disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività;
c) varianti di ritardo mentale, come l’autismo e la sindrome di Asperger, o un disturbo di personalità, in genere dello spettro ossessivo-compulsivo o d’evitamento.
Nardone sostiene una di queste diagnosi, anche se correttamente formulata, non dà alcuna garanzia di soluzione. Anzi, per certi versi è vero il contrario. Infatti, quando una diagnosi non è seguita parallelamente da un intervento terapeutico efficace, in genere ha effetti patogeni.
Chi ha una “etichetta” , una diagnosi  sviluppa percezioni e comportamenti consoni con ciò che ci si aspetta da lui (La profezia che si avvera).
Formulata la diagnosi e creato il caso il comportamento del bambino viene sempre più rinforzato dagli atteggiamenti di genitori, degli insegnanti, dei parenti.
Il bambino vivace diventa così un bambino con disturbo oppositivo-provocatorio,
Il bambino vivace e distratto rischia la diagnosi di ADHD
il bambino distratto si trasforma in un  deficit attentivo.
Il disturbatore viene infine trasformato in un bambino «disturbato».
Il bambino con una etichetta (diagnosi) porta ad un circolo vizioso di peggioramento (effetto Pigmalione al contrario): non si stimola il bambino  che “entra nella parte”.
Che fare direte?  Parlare con il proprio pediatra che valuterà cosa fare e a quale specialista, con cui resterà in contatto, affidarsi. Da evitare approcci specialisti non coordinati dal pediatra curante. Il rischio? Un approccio parziale, una etichettizzazione con le conseguenze appena descritte.

Robert Rosenthal alla fine degli anni Sessanta in una scuola americana fece un esperimento (che fu chiamato «effetto Pigmalione» dimostrando come potesse influenzare, in meglio,  il rendimento scolastico di un bambino. Comunicò  agli insegnanti dicendo che aveva identificato dei bambini che avevano un quoziente di intelligenza superiore. Alla fine dell’anno scolastico quei bambini avevano il rendimento scolastico. Però…..: i bambini segnalati, e che avevano dato i risultati migliori erano stati scelti a caso, e non sulla base dei  risultati al test. Era dunque stata l’aspettativa indotta negli insegnanti di avere a che fare con bambini particolarmente intelligenti a determinare il miglioramento nel rendimento scolastico.
Il “Fenomeno Pigmalione” funziona in questo modo:
1) l’insegnante costruisce la credenza di avere a che fare con un bambino intelligente;
2) in accordo con la sua aspettativa, inizia a modificare, incosapevolmente, la sua interazione nei confronti del bambino
3) i cambiamenti di atteggiamento riguardano la maggiore frequenza con cui si rivolge al bambino, i maggiori stimoli d’interazione che gli offre (ad esempio dandogli maggiori opportunità di porre domande), sollecitandolo e coinvolgendolo attivamente durante le lezioni;
4) se protratto a lungo, gli effetti di questo «trattamento differenziale» si traducono nel bambino in una performance scolastica migliore rispetto ai coetanei. 
Si tratta del fenomeno più generale della «profezia che si autorealizza» (: le aspettative del genitore (o dell’insegnante) prendono forma lentamente nei comportamenti costruendo una realtà che in precedenza era solo immaginata.
Tratto da Nardone, Giorgio. Aiutare i genitori ad aiutare i figli (Ponte alle Grazie Terapia in tempi brevi) (Italian Edition)





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