domenica 18 marzo 2018

LETTERA DI MAMMA: ATTIVITÀ FISICA SI, SPORT NON VUOL DIRE (NON DOVREBBE DIRE) AGONISMO


LETTERA DI MAMMA:  SPORT NON VUOL DIRE (NON DOVREBBE DIRE) AGONISMO, o solo agonismo

vorrei condividere con lei un pensiero che riguarda lo sport.
quando ero bambina io, 25 anni fa, i bimbi facevano uno sport con l’obiettivo di fare conoscenza, di muoversi, di stare in salute e fare una attività sana.
L’attività sportiva, di solito, erano 2 incontri a settimana di un’ora nella quale si giocava e si facevano sport in maniera divertente.
Quando facevo sport io, c’erano magari uno o due bambini particolarmente portati che venivano selezionati per fare agonismo e veniva richiesto un impegno più gravoso. Alle volte le famiglie accettavano e alle volte le famiglie non erano disposte ad andare avanti e il ragazzo continuava con i ritmi e gli impegni precedenti.
Oggi anche lo sport è diventata fonte di stress per i nostri bambini e per i nostri ragazzi. io penso alla pallavolo praticata dalle mie due figlie. la prima figlia ha iniziato attività agonistica in quinta elementare e oggi hanno proposto agonismo anche alla mia figlia di nove anni. per giocare in una squadra di pallavolo under12.
E l’alternativa? spesso non c’è alternativa all’agonismo. o si accetta di allenarsi severamente 6 ore settimanali oppure non esistono corsi strutturati solo per il divertimento (certo, salvo frequentare corsi con bimbi di 6-7 anni che hanno un livello di maturità fisica e mentale completamente diversa da una bimba di 9-10 anni).
E allora il genitore spesso sceglie l’agonismo, ma la macchina “crea-campioni” non si ferma qui. a quel punto iniziano gli allenamenti extra, i campionati…
e se non si sottostà a questi ritmi, allora automanticamente non si viene più convocati e si diventa la ruota di scorta della squadra….
e questo discorso è vero per la pallavolo che ho visto io, ma anche per il calcio che ho visto ed anche per molti corsi di danza. e sono certa che le mamme che mi leggono pensano allo sport dei propri figli e ci si ritrova.
Ma è giusto stressare così bimbi delle elementari?
Lei, dottore, parlava dei vantaggi della vita all’aria aperta. Quanto mi trova d’accordo! ma questi nostri bimbi hanno davvero il tempo di annoiarsi o il tempo di stare all’aria aperta se tutta la struttura intorno a loro prevede ritmi serrati e corse da una palestra ad un’altra?
Perchè non si possono avere corsi di pallavolo (ma anche di calcio o quant’altro) che sono corsi “basici”. ragazzi di prima media che fanno pallavolo SOLO due ore a settimana e solo per divertirsi?
FIRMATO MAMMA

Cari genitori
Riflettete su questa lettera e testimonianza: Praticare uno sport nel periodo dell'infanzia e dell'adolescenza, ma anche in età adulta comporta benefici  fisici, psicologi e  relazionali.
Lo sport, infatti, può svolgere un ruolo importante nella costruzione di una positiva immagine di sé, di una disposizione ottimistica verso il futuro, favorendo la socializzazione e facilitando le relazioni amicali e quelle con adulti capaci di offrire dialogo, comprensione, aiuto.
Inoltre, può rendere capaci le persone di rispetto di codici e norme, di scambi efficaci con gli altri e di reciproco aiuto.
Perché le potenzialità dello sport si realizzino è necessario che gli allenatori, i genitori, i dirigenti sportivi e gli atleti stessi si impegnino a fare della pratica sportiva un insieme di esperienze positive, felici, edificanti.
I bambini ed i ragazzi hanno bisogno di persone adulte che consentano loro di prendere consapevolezza delle proprie caratteristiche e capacità, , di costruirsi un concetto di sé positivo e duraturo e di interagire in modo efficace con i coetanei.  
Una vittoria non deve incrementare l'aspettativa narcisistica di essere sempre vincenti, così come una sconfitta non deve generare un senso di fallimento personale ma bisogna  riconoscere ed apprezzare un buon risultato anche se il figlio non è salito sul podio ma ha dato il meglio di sé.
Nella pratica sportiva agonistica la vittoria è certamente un evento esaltante che gratifica l'atleta e la squadra, che infonde entusiasmo e gioia, che ripaga i sacrifici e l'impegno dell'allenamento, che rinforza l'autostima del singolo e del gruppo.
Il bisogno di vincere però non è un bisogno spontaneo del bambino o dell'adolescente: in genere essi hanno la necessità di sentirsi riconosciuti e valorizzati in quanto individui capaci di conseguire dei risultati. Per loro il successo non è collegato con la vittoria in sé poiché, anche il solo fatto di aver superato un limite personale, offre una grande soddisfazione. 
La vittoria pertanto non è un obiettivo prioritario dei giovani atleti almeno fino a quando qualcuno non dice loro che devono vincere. I ragazzi che hanno alle spalle genitori ed allenatori che desiderano la vittoria a tutti i costi sono costretti a perseguirla per trovare risposta ai loro bisogni di sicurezza, di stima e di approvazione. Se essa sfuggirà loro, subiranno una ferita sul piano personale cominciando a temere di essere atleti, e poi persone, di scarso valore.


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