SEMPRE A PROPOSITO DI SPORT E BAMBINI.
NEI GIORNI SCORSI UN MIO POST RIGUARDANTE LO SPORT E' STATO MOLTO LETTO E COMMENTATO. Preciso solo, per evitare equivoci, che è stato un richiamo a post già pubblicati in precedenza e non si riferisce a casi particolari ma a situazioni che tanti genitori mi hanno segnalato in occasione di incontri.
A titolo esemplificativo incollo qui quanto scritto da una mamma nel 2013. Articolo dal titolo:
LO SPORT SERVE AI BAMBINI E NON PER LE AMBIZIONI DI ALCUNI GENITORI che trovate a questo link: https://ferrandoalberto.blogspot.com/2013/08/lo-sport-serve-ai-bambini-e-non-per-le.html?fbclid=IwAR0QCPzk1kCUnNSHfSaT_bwDXnuVK2OKRQieWvAi7tbp0KG9f45gRImAc38 .
Provate a leggere, anche se temo che lo leggeranno i genitori che già sanno e sono coscienti dei benefici e dei malefici dello sport, se mal gestito:
"Bisogna anche fare attenzione al fatto che altri interessi, oltre a quello di far fare movimento e attività fisica, prevalgano: soprattutto quello delle ambizioni, voglie ed aspettative di allenatori e società sportive e quelle dei genitori. Fortunatamente il livello di preparazione e formazione degli allenatori dei vari sport per bambini e ragazzi è notevolmente aumentato e, rispetto ad anni fa, si dà molta importanza agli aspetti educativi e pedagogici (almeno fino ad una certa età) dello sport e non ai risultati. Un fattore di più difficile contenimento è, a volte, quello delle ambizioni e delle aspettative dei genitori. Capita in alcuni casi che lo sport che dovrebbe servire a formare e a ridurre lo stress diventi esso stesso causa di stress. Alcuni bambini per “amore” e per accontentare i genitori praticano uno sport controvoglia, con ansia e possono manifestare segnali di sofferenza per cui vengono portati dal pediatra. Si tratta nella maggior parte dei casi di patologie dette “da somatizzazione” (mal di testa, mal di pancia, disturbi del sonno, difficoltà scolastiche ed altro. Frequente la “dispnea psicogena” che si manifesta con profonde inspirazioni a riposo). Un ragazzo ha aspettato il compimento dei 18 anni per comunicare ai genitori che non avrebbe più praticato tennis che fin da piccolo si sentiva obbligato di fare dai genitori. Alcuni ci riescono prima e altri non ci riescono affatto. Tra questi si trova addirittura Andre Agassi che ha scritto un libro che esce in Italia "Open". Nel libro l'ex tennista racconta come è diventato un campione, e come è arrivato a odiare il suo sport per colpa di un genitore da lui definito “violento, brutale, ossessivo”. Scrive "Io, condannato a vincere da un padre mostro".
Una raccomandazione a tutti i genitori: non spingete vostro figlio verso uno sport. Cercate di capire se la scelta di uno sport da praticare viene fatta per le vostre aspettative o per il desiderio di vostro figlio.
Inoltre se gioca male o non fa quel goal che sembra già fatto o non fa una parata facile sappiate che Vostro figlio sarà già triste per questo. Ha bisogno della Vostra comprensione e affetto e non delle vostre critiche. E’ meglio avere un figlio felice e sorridente, anche se non è il migliore della squadra, che un “campioncino” , che difficilmente diventerà campione.
Dedicate del tempo a stare con Vostro figlio, alla lettura, alla musica e al dialogo".
Il bisogno di vincerenon è un bisogno spontaneo del bambino o dell'adolescente: in genere essi hanno la necessità di sentirsi riconosciuti e valorizzati in quanto individui capaci di conseguire dei risultati. Per loro il successo non è collegato con la vittoria in sé poiché, anche il solo fatto di aver superato un limite personale, offre una grande soddisfazione.
La vittoria pertanto non è un obiettivo prioritario dei giovani atleti almeno fino a quando qualcuno non dice loro che devono vincere. I ragazzi che hanno alle spalle genitori ed allenatori che desiderano la vittoria a tutti i costi sono costretti a perseguirla per trovare risposta ai loro bisogni di sicurezza, di stima e di approvazione. Se essa sfuggirà loro, subiranno una ferita sul piano personale cominciando a temere di essere atleti, e poi persone, di scarso valore.
NEI GIORNI SCORSI UN MIO POST RIGUARDANTE LO SPORT E' STATO MOLTO LETTO E COMMENTATO. Preciso solo, per evitare equivoci, che è stato un richiamo a post già pubblicati in precedenza e non si riferisce a casi particolari ma a situazioni che tanti genitori mi hanno segnalato in occasione di incontri.
A titolo esemplificativo incollo qui quanto scritto da una mamma nel 2013. Articolo dal titolo:
LO SPORT SERVE AI BAMBINI E NON PER LE AMBIZIONI DI ALCUNI GENITORI che trovate a questo link: https://ferrandoalberto.blogspot.com/2013/08/lo-sport-serve-ai-bambini-e-non-per-le.html?fbclid=IwAR0QCPzk1kCUnNSHfSaT_bwDXnuVK2OKRQieWvAi7tbp0KG9f45gRImAc38 .
Provate a leggere, anche se temo che lo leggeranno i genitori che già sanno e sono coscienti dei benefici e dei malefici dello sport, se mal gestito:
"Bisogna anche fare attenzione al fatto che altri interessi, oltre a quello di far fare movimento e attività fisica, prevalgano: soprattutto quello delle ambizioni, voglie ed aspettative di allenatori e società sportive e quelle dei genitori. Fortunatamente il livello di preparazione e formazione degli allenatori dei vari sport per bambini e ragazzi è notevolmente aumentato e, rispetto ad anni fa, si dà molta importanza agli aspetti educativi e pedagogici (almeno fino ad una certa età) dello sport e non ai risultati. Un fattore di più difficile contenimento è, a volte, quello delle ambizioni e delle aspettative dei genitori. Capita in alcuni casi che lo sport che dovrebbe servire a formare e a ridurre lo stress diventi esso stesso causa di stress. Alcuni bambini per “amore” e per accontentare i genitori praticano uno sport controvoglia, con ansia e possono manifestare segnali di sofferenza per cui vengono portati dal pediatra. Si tratta nella maggior parte dei casi di patologie dette “da somatizzazione” (mal di testa, mal di pancia, disturbi del sonno, difficoltà scolastiche ed altro. Frequente la “dispnea psicogena” che si manifesta con profonde inspirazioni a riposo). Un ragazzo ha aspettato il compimento dei 18 anni per comunicare ai genitori che non avrebbe più praticato tennis che fin da piccolo si sentiva obbligato di fare dai genitori. Alcuni ci riescono prima e altri non ci riescono affatto. Tra questi si trova addirittura Andre Agassi che ha scritto un libro che esce in Italia "Open". Nel libro l'ex tennista racconta come è diventato un campione, e come è arrivato a odiare il suo sport per colpa di un genitore da lui definito “violento, brutale, ossessivo”. Scrive "Io, condannato a vincere da un padre mostro".
Una raccomandazione a tutti i genitori: non spingete vostro figlio verso uno sport. Cercate di capire se la scelta di uno sport da praticare viene fatta per le vostre aspettative o per il desiderio di vostro figlio.
Inoltre se gioca male o non fa quel goal che sembra già fatto o non fa una parata facile sappiate che Vostro figlio sarà già triste per questo. Ha bisogno della Vostra comprensione e affetto e non delle vostre critiche. E’ meglio avere un figlio felice e sorridente, anche se non è il migliore della squadra, che un “campioncino” , che difficilmente diventerà campione.
Dedicate del tempo a stare con Vostro figlio, alla lettura, alla musica e al dialogo".
Il bisogno di vincerenon è un bisogno spontaneo del bambino o dell'adolescente: in genere essi hanno la necessità di sentirsi riconosciuti e valorizzati in quanto individui capaci di conseguire dei risultati. Per loro il successo non è collegato con la vittoria in sé poiché, anche il solo fatto di aver superato un limite personale, offre una grande soddisfazione.
La vittoria pertanto non è un obiettivo prioritario dei giovani atleti almeno fino a quando qualcuno non dice loro che devono vincere. I ragazzi che hanno alle spalle genitori ed allenatori che desiderano la vittoria a tutti i costi sono costretti a perseguirla per trovare risposta ai loro bisogni di sicurezza, di stima e di approvazione. Se essa sfuggirà loro, subiranno una ferita sul piano personale cominciando a temere di essere atleti, e poi persone, di scarso valore.
dottor Ferrando,tengo molto a rispondere a questo post, non per criticarlo,ma pe è continuare un pensiero...
RispondiEliminaanche io sono la mamma di un piccolo calciatore di 8anni,i primi tre anni trascorsi in una società sportiva,anzi "scuola calcio",dove lentamente la personalità di mio figlio si è intossicatoa,provando a soddisfare quel modello che anche e sopratutto il mister poneva ad esempio.si sono create per la sua leva la squadra dei bravi e degli scarsi,quella che faceva tutti i tornei e vinceva tutte le coppe e quella per cui si mandava l'allenatore di riserva e nella quale nessuno voleva stare perche si perdeva...e quando non si veniva convocati era la disperazione. I genitori a voce gridavano all'ingiustizia,ma dopo una convocazione in più,tutto tornava a tacere.La motivazione era che il mondo del calcio è cosi,ingiusto,agresssivo,selettivo.
Il mio errore è stato quaello di aspettare,finché non ho visto un velo grigio negli occhi di mio figlio,e un senso di inadeguatezza che si espandeva in in ogni cosa che faceva.Allora insieme a mio marito abbiamo deciso di allontanarlo dalla squadra.Ma volevamo comunque farlo giocare a calcio,perché mio figlio ama il calcio(e lo dico come mamma che non ama questo sport).La cosa che mi faceva piu' arrabbiare era sottostare alle regole di questo mondo,che dice che devi essere il più bravo e il più forte,quello con più coppe o medaglie..No,no...siamo noi genitori che dobbiamo scegliere cosa è bene per i nostri figli.Forse anche "fare i tamarri"per gioco,con leggerezza,per troppo tempo ci ha portato al punto di non riconoscere più nostro figlio.abbiamo deciso che dovevamo essere coerenti,che i valori di vita che vogliamo trasmettergli devono essere applicabili in ogni momento della sua giornata.
Abbiamo cercato con occhio critico,molte squadre propongono la stessa zuppa buonista e poco sincera.Abbiamo incontrato altri genitori che avevano gli stessi dubbi.Abbiamo conosciuto un papà,che voleva con tutte le sue forze ritornare allo spirito del pallone giocato in piazza,spensierato ma inserito in un contesto più professionale.Abbiamo dato fiducia alla societa sportiva che si è da poco formata per i suoi sforzi.c'e un numero massimo di bambini,perche possano essere accompagnati al meglio nel percorso di crescita sportiva e personale.Noi genitori siamo in confronto continuo,abbiamo un codice etico di comportamento da rispettare,a bordo campo,nel rapportarsi con le altre squadre,con i mister,tra noi.I mister si siedono all'altezza dei bambini dopo ogni partita,a fine partita bimbi e mister si abbracciano e urlano forte!Escono dal campo con gli occhi che brillano e il sorriso, indipendentemente dal risultato,perché sanno che hanno fatto del loro meglio,e che noi genitori questo lo sappiamo,quando li abbaracciamo usciti dal campo.
Il buon calcio esiste,grazie allo sforzo di ciascuno di noi.
Abbiamo il dovere e la gioia di essere il faro dei nostri figli!
Paola