mercoledì 19 dicembre 2012

LE BASI DI UNA EDUCAZIONE SUFFICIENTEMENTE BUONA - 5 PUNTATA: LA PREADOLESCENZA


CARI Genitori
Penultimo capito di consigli pedagogici (vedete nei post precedenti).
DURA EH?? Fare i genitori (ma anche i figli e i nonni) non è facile. E nessuno ci dà qualche regola ovvero ne abbiamo tante SPESSO inutili. 
La conoscenza delle tappe a seconda dell'età è importante per adattare l'educazione all'età ( e non solo alla costituzione del bambino e della famiglia). Dobbiamo ritrovare un modello di società (e di famiglia) educativa e sostenitrice, tornare indietro da una impostazione narcisistica e improntare tutto su una società eco- SOSTENIBILE ED educativa
ALBERTO FERRANDO.
Sul blog trovate le puntate precedente (fini a 1 anno, da 2 a 4 anni da 4 a 11 anni).
Dello stesso autore è stato presentato il libro (L'Essenziale per crescere). (Il pedagogista  Daniele Novara direttore del CPP Centro Psicopedagogico per la Pace e la gestione dei conflitti di Piacenza)TROVATE A QUESTO LINK ALTRE NOTIZIE: http://ferrandoalberto.blogspot.it/search?q=ESSENZIALE 

Buona lettura
Alberto Ferrando

A BREVE ULTIMA PUNTATA : L'ADOLESCENZA



LA PREADOLESCENZA (DAGLI 11 ANNI): Allontanarsi dai genitori
È un’età incerta, di grandi trasformazioni e di passaggio. Oggi è l’età più complicata in assoluto, sottoposta a tutte le tentazioni e in cui si vivono anche le situazioni più critiche: è un groviglio senza grandi aiuti, e spesso il genitore fatica, stenta a capire che il figlio è in un’altra fase rispetto all’infanzia.
I ragazzini acquisiscono il pensiero logico-astratto, si allontanano dai genitori, sono interessati ai coetanei. Non hanno più bisogno di accudimento ma di un confine preciso, di incanalamento, di chiarezza.
Questa è l’età che segue quella della latenza: se allora con i comandi, che pur abbiamo visto non avrebbero dovuto esserci, si otteneva qualcosa ora non si ottiene più nulla. Passare dal comandare al negoziare le regole è difficilissimo.
Molti problemi nascono proprio in questo periodo; le cosiddette malattie dell’educazione: l’insonnia, i disturbi della concentrazione o dell’apprendimento, i distordini alimentari (all’ospedale Niguarda di Milano il 10% dei disturbi alimentari riguarda bambine di 9 anni).
La regola allora deve essere chiara. Non si può dire a un ragazzo: “Mangia sano”. Cosa vuol dire mangiare sano? Anche le definizioni diventano importanti. Altro esempio: non ha senso dire al nostro figlio preadolescente: “Non stare tutta la sera davanti al computer”, senza individuare un orario preciso in cui spegnere lo schermo. Solitamente accade che il ragazzo stia incollato al monitor fino a mezzanotte, perdendo così ore di sonno.
Le regole vanno negoziate per cercare insieme un accordo che soddisfi entrambe le parti e ovviamente sanzionate nel momento in cui non sono rispettate. Questo problema non si pone alle elementari: se i genitori erano coesi tra loro i bambini tendevano naturalmente a rispettare le regole che erano state poste. Ma durante la preadolescenza, la coesione e la coerenza genitoriale possono non bastare più.
In genere le famiglie italiane per sanzionare una regola non rispettata utilizzano il sistema dei sanzionamenti restrittivi. Il problema è che il sanzionamento restrittivo, oggi come oggi è diventato un arcaismo: di cosa si può privare un bambino o un ragazzo che ha di tutto di più? Quale può essere la sanzione restrittiva per qualcuno che è abituato a ottenere, prima o poi, quasi tutto quello che vuole? I genitori finiscono così per proibire o limitare l’utilizzo ad esempio della televisione o dei videogiochi, contribuendo così però a trasmettere messaggi confusivi quasi che la tv o il videogioco siano da considerarsi un “premio” o un oggetto del desiderio piuttosto che strumenti che occorre insegnare a utilizzare correttamente.
Le sanzioni restrittive sono spesso inefficaci o fuorvianti, anche perché facilmente poi i genitori faticano a rispettare con coerenza ciò che hanno imposto. Ai nostri giorni occorrerebbe piuttosto provare a servirsi della sanzione affettiva.
Viviamo infatti in una società narcisistica: adulti e bambini sono sottoposti a logiche di immagine, di centratura sul Sé, che producono seri danni in ambito educativo.
Una volta il narcisismo non era la dimensione sociale prevalente. Predominava una cultura sociale oblativa, che impostava la vita in funzione di una missione: si viveva per il lavoro, o per i figli; c’era un’idea, un obiettivo centrale che motivava le azioni anche più faticose o meno piacevoli. Oggi invece viviamo in una società in cui la dimensione prevalente è la ricerca del successo, della realizzazione personale che si tende a far coincidere con l’assenza di difficoltà e di contrasti.
A partire dagli anni Settanta e Ottanta poi, accade che i genitori comincino a cercare di instaurare un rapporto privilegiato con il figlio o con ciascuno dei figli, un rapporto che prescinda dal coniuge, e questa dinamica si osserva non solo nel caso dei genitori separati ma anche in quelli che vivono sotto lo stesso tetto.
Capita a volte che i genitori separati abbiano più coesione educativa di quelli che vivono insieme. Si tratta magari di una questione di sopravvivenza, perché già la separazione è un’esperienza difficile e dolorosa, e se non ci si mette d’accordo su alcune minime regole educative da consegnare ai figli diventa ancora più complicato. I genitori invece che vivono sotto lo stesso tetto tendono a sottovalutare questo aspetto e la coesione si sfilaccia in iniziative educative individuali e individualistiche nella presunzione che uno possa far meglio dell’altro. E così le regole attinenti all’igiene, alla nutrizione, ai vestiti, all’ordine in casa, agli orari, alla scuola non sono consegnate al figlio o alla figlia congiuntamente e, non ci si appella all’altro coniuge in funzione di esse. In preadolescenza questa modalità non ottiene risultati e la situazione tende a degenerare (con urla, sanzioni inutili, bugie, esasperazioni reciproche) in maniera quasi irreversibile.
La coesione è alla base di qualsiasi azione educativa.
I genitori devono imparare a prendete tempo e a consultarsi tra loro. È importante dedicare del tempo alla condivisione delle idee e delle decisioni in merito all’educazione dei figli. Quando succede qualcosa di importante, consiglio di non intervenire da soli, c’è il rischio di apparire fragili e isolati nei confronti dei figli, specialmente durante la preadolescenza che oggi è l’età in assoluto più difficile.
La nostra società deve recuperare la dimensione educativa della coesione: fare squadra è la cosa più importante. E per fare squadra occorre uscire dall’isolamento, confrontarsi e cercare di costruire una responsabilità comune. Anche quando ci si trova a dover comunicare ai figli da soli, occorre pensarsi come coppia genitoriale educativa.



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