domenica 30 giugno 2013

Vorrei parlare di vacanze ma..oggi parliamo di....qualcosa che riguarda, prima o poi tutti

Vorrei parlare di vacanze ma..oggi parliamo di....qualcosa che riguarda, prima o poi .......tutti
Un tema molto poco affrontato e di fronte a cui ci si sente impreparati sempre è quello della comunicazione della cattive notizie, e, in particolare oggi parlo della comunicazione del lutto. Comunicare male fa più male del lutto stesso. Non passa mese che non mi venga richiesto come comportarsi. Alcuni mi dicono che non hanno detto niente....ma cari tutti i bambini hanno già capito. Bisogna spiegare e parlare chiaramente. Ovviamente ogni situazione è differente ma alcune cose comun i da dire ci sono: una su tutte : va detto e non vanno dette pietose storie o bugie. Consiglio la lettura di questo articolo di UPPA (Un pediatra per amico) e poi di parlarne con il Vostro pediatra (e può essere il caso anche di uno psicologo o altre figure professionali.

Ho adottato quanto consigliato sulla Rivista UPPA e che incollo qui sotto e che trovate al link: 
Un silenzio che fa male al cuore
di Paolo Roccato 
Gli adulti elaborano il luttoQualcuno muore in famiglia. Gli adulti trovano ovvio parlare dell’accaduto, esprimere dolore, angoscia, rimpianto, nostalgia, disperazione; confrontare le proprie emozioni dolorose e i propri ricordi belli, tristI o nostalgici con quelli degli altri; cercare insieme di capire la successione degli eventi che hanno portato alla morte; pensare con rammarico o rabbia a come si sarebbe potuto evitare l’infausto evento; individuare se vi siano colpe, soprattutto proprie; consolarsi gli uni con gli altri, piangendo insieme e bonificando il senso di colpa per essere ancora vivi… E poi: andar a vedere per l’ultima volta il corpo del defunto; accompagnarlo alla tomba coi riti opportuni per poter sapere dov’è finito e poterlo pensare e ricordare vivo e morto e potersene distaccare… È in questo modo che gli adulti innescano il processo di elaborazione del lutto, aiutandosi attivamente gli uni con gli altri. E trovano tutto ciò normale, sano, necessario, perfino doveroso.

I bambini vanno aiutati a capire. Se in famiglia c’è un bambino, troppo spesso gli adulti, tutti presi dal loro dolore, dimenticano l’assoluta necessità anche per il bambino di elaborare il proprio lutto e di essere aiutato in questo lungo e impegnativo compito. O, per proteggerlo da dolore e angoscia, cercano attivamente di tenerlo all’oscuro, a volte perfino d’ingannarlo su ciò che realmente è accaduto (“Papà è andato in Germania a lavorare”). Questi atteggiamenti sono deleteri e non d’aiuto per il bambino. Se gli vengono nascosti i dati informativi sugli eventi reali che riguardano anche lui, non potrà farsene un’idea adeguata. Se non gli si dice la verità, percepirà più o meno confusamente d’essere stato imbrogliato e imparerà a non fidarsi dei grandi e a non mostrare il proprio vero sentire; segretamente, costruirà teorie bizzarre sulla vita e la morte, altamente patogene.

Tacere e censurare la morte fa male. Il bambino (anche se è piccolo) percepisce il dolore negli adulti. Ma spesso gli si impedisce di capire il senso di quel dolore; vede che il famigliare morto non c’è più, ma non gli viene spiegato come mai, né dove sia andato, né perché, né per quanto tempo. Si trova a vivere - direttamente e indirettamente - le emozioni per la perdita, ma sarà costretto a viverle come insensate, giacché attivamente gli si impedisce di riconoscerle, di farsene una ragione, di condividere il dolore, di trovare conforto e consolazione. Gli s’impedisce di pensare all’esperienza di perdita che sta vivendo e di attivare le risorse personali e relazionali a sua disposizione per affrontarla e gestirla. Gli s’impedisce cioè l’elaborazione del lutto, che, per il benessere psichico, è un’assoluta necessità.

Bisogna rassicurare e condividere. Al contrario, il bambino dev’essere aiutato nell’elaborazione del suo lutto. Col linguaggio appropriato all’età, gli si deve dire che la persona cara è morta, spiegandogli che cosa vuol dire morire. Anche accompagnarlo a vedere la salma e farlo partecipare al funerale sono azioni utili a questo fine. Bisogna lasciargli lo spazio per capire, per esprimere ogni emozione (stupore, curiosità, dolore, angoscia, paura, rabbia, senso di colpa, sgomento, senso d’impotenza…), per ogni domanda o pensiero sull’accaduto e sulle sue prospettive future, correggendo le idee errate e confermando la sensatezza delle emozioni. Talvolta si potrà scoprire che pensa d’esser lui il colpevole: bisogna allora rassicurarlo, parlandogli dell’inevitabilità della morte. Rassicurarlo che non verrà abbandonato, che si farà di tutto per non morire anche noi, perché la vita è bella, anche se ora il dolore è grande. I momenti in cui ci si trova in famiglia a elaborare un lutto comune sono preziosi per tutti i partecipanti, proprio per la loro forza integrativa nella mente di ognuno. Rimangono nella memoria come momenti tristi, ma, paradossalmente, anche “felici”.
ELABORAZIONE DEL LUTTO. È un lavoro mentale lungo (minimo due anni, ma per certe perdite è normale che duri tutta la vita) in cui cerchiamo di capire bene, anche emotivamente, che cosa ci è capitato, cosa abbiamo perduto, quali aspetti di noi non potranno più realizzarsi e quali dovranno modificarsi; quali prospettive si chiudono e quali rimangono o si aprono.

TRAUMATICA è un’esperienza per qualunque motivo non pensabile. Parlarne con qualcuno la rende più pensabile, cioè ne diminuisce la traumaticità.

LA MANCATA ELABORAZIONE DEL LUTTO comporta malessere psichico duraturo.Ha conseguenze pesanti sulla salute mentale del soggetto e dei suoi discendenti, figli e nipoti, come risulta dalla ricerca e dalle psicoterapie. Favorire l’elaborazione del lutto è fare prevenzione primaria. Anche il bambino, per quanto piccolo, ha necessità di conoscere e condividere le proprie emozioni, specialmente quelle dolorose.

VEDERE CHE ANCHE I GRANDI PIANGONO può dar sollievo al bambino: vuol dire che anche il suo dolore è legittimo e degno di rispetto.

GLI ADULTI DOBREBBERO EVITARE di appoggiarsi al bambino per farsi consolare:sarebbe per lui un compito eccessivo.

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