sabato 1 marzo 2014

Giulia,TERZA parte: Violenza sulle donne= violenza sui bambini FERMATELA

Giulia,TERZA parte: Violenza sulle donne= violenza sui bambini FERMATELA
LA STORIA DI GIULIA  3 (storia vera..A puntate peRchè chi la scrive, scrivendola, elabora il dolore, la sofferenza e il lutto, cerca di chiarirsi la mente, cosa ha fatto e cosa avrebbe potuto fare....ma RICORDO A GIULIA E A TUTTI CHE sottoporre a critica, e soffrire, "ora per allora" , oltre a non servire, perpetua il dolore. Al momento uno fa le proprie scelte pensando che siano le migliori per se stessi e per i nostri cari....Però quanto Giulia scrive potrebbe servire per far pensare e ragionare altri, ad accelerare dei processi. RICORDATE ALCUNI CONCETTI DI BASE
1) LA VIOLENZA NON SI FERMA...SI AUTOALIMENTA E AUMENTA SE NON SI PRENDONO DECISIONI O INTERVIENE QUALCUNO DALL'ESTERNO
2) LA VIOLENZA SI TRAMANDA : DA GENITORE A FIGLIO A NIPOTE DIA SOTTO FORMA DI VIOLENZA CHE DI SOFFERENZA: DICE GIULIA DEL NONNO :"Giuseppe (il nonno) celava la sua violenza psicologica (che però faceva danni anche fisici) nei confronti della moglie, sotto una  rappresentazione di se' come alto esempio di dedizione alla famiglia, integrità, responsabilità..."
come sia necessario farsi aiutare, denunciando molestie e maltrattamenti psicologici e fisici (ma anche se solo psicologici, fanno danni importantissimi).
Denunciare a strutture finalizzate alla protezione della famiglia, nella sua parte più debole. Ed alla cura del maltrattante che, a sua volta, ha una fragilità terribile, pur nella brutalità psicofisica manifestata, nel tentativo di superarla...
NON PERMETTETE A VOSTRO MARITO O AL VOSTRO COMPAGNO DI TRATTARVI MALE...E SE VOLETE RECUPERARLO ESISTONO CENTRI PER I MALTRATTANTI, SPESSO MALTRATTATI DA PICCOLI, E CHE HANNO BISOGNO DI CURE.
SINGOLARE CHE UN PAPA' ABBIA CHIESTO DI NON RICEVERE PIU' MAIL DA QUANDO PARLO DELLA VIOLENZA IN FAMIGLIA :-(

Puntata 1 E 2 qui: http://ferrandoalberto.blogspot.it/search?q=GIULIA
PUNTATA 3
La certezza definitiva dell'insostenibilità della nostra situazione mi si presentò alla mente dopo una giornata trascorsa con Anna, mia suocera.

Sin dai primi tempi della mia vita con Andrea, capii che Anna era vittima di Giuseppe, mio suocero . Una vittima ad un livello molto subdolo e raffinato, difficile da identificare. Ma senza scampo.
Giuseppe celava la sua violenza psicologica (che però faceva danni anche fisici) nei confronti della moglie, sotto una rappresentazione di se' come alto esempio di dedizione alla famiglia, integrità, responsabilità, tatà tatà tatà...
Ma nel vivere i primi momenti familiari condivisi, una volta, il suo controllo non era stato efficiente (o forse, penso ora, voleva sondare le mie capacità di accettazione delle sue modalità di rapportarsi alla moglie).
Quindi ero stata testimone di un suo atto davvero cattivo nei confronti di Anna.
Mi ero indignata. Non potevo crederci.
Avevo anche cercato di evitare a mia suocera quella sofferenza (Giuseppe non l'aveva certo picchiata, per carità, ma era riuscito ugualmente a farla soffrire per molte ore).
Lui era stato più forte di me, naturalmente, e mi aveva ridotta all'impotenza.
Avevo visto un marito-padrone inaccettabile. Una coercizione inaccettabile. Un'ideologia distorta di rapporto di coppia. Non capivo (non ancora) che era un'ideologia familiare malata.
Avevo protestato con Giuseppe (Andrea non era presente) e poi, molto intensamente, con Andrea appena lo avevo rivisto... Andrea mi aveva dato ragione.
Il palcoscenico sulla loro vita reale si era richiuso subito, ma ormai ero in grado di osservare Anna e capire se era stata male.

Quando avevo potuto, in seguito, avevo sempre cercato di star vicina ad Anna, farle almeno sentire amicizia ed affetto.

Quel giorno ero andata ad aiutarla a vuotare un armadio (era imminente un loro trasloco).
Da quell'armadio, assieme agli oggetti, uscivano i racconti di frammenti della sua vita, della vita della famiglia. I soprusi. Le cattiverie.
Capii che dovevo sottrarre Ciro e me alla riproduzione di quello schema malato. Rapporti di potere intrafamiliari molto simili a quelli in cui mio marito stava cercando di incastrarci per tutta la vita. Ed anche in modo meno raffinato, più riconoscibile.
Stava a me muovermi.
Fu una riflessione, in un lungo viaggio in tram (tempi lunghi di percorso nella grande città), che dissipò ogni residuo di nebbia dalla mia mente: quel clima di sopraffazione sembrava passare da padre in figlio. Dovevo proteggere Ciro.
Presi coscienza di colpo, e con sgomento, del fatto che avevo paura di Andrea. E che non lo avevo ancora lasciato per paura della sua violenta reazione. Che mi stavo celando la realtà.
Sentii molto chiaramente che non avevo scelta: non era accettabile vivere con una persona di cui avevo paura.

E fui finalmente un po' più cauta (o almeno credetti di esserlo).
Quella sera stessa spiegai ad Andrea che avevo deciso di lasciarlo perché le “nostre liti” non facevano bene al bambino.
Gli proposi una separazione consensuale che ci permettesse di vivere in case separate ed essere genitori civili, amici e responsabili. Ognuno con la sua vita, ma capaci di far sì che Ciro non soffrisse ed avesse la presenza di entrambi, a turno, e qualche volta civilmente insieme.
Andrea la prese bene. Accettò. Mi disse che era consapevole che le cose avrebbero dovuto cambiare tra noi.  <Siamo due genitori responsabili e civili>  fu il motto della serata e di qualche giorno successivo...

Ma durò poco.

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