PROSEGUE LA STORIA DI GIULIA. SOTTO ALCUNE PRECISAZION DI DI GIULIA A QUANTO AVEVO SCRITTO: Quanto Giulia scrive è per noi, non per se stessa , non solo per le mamme ma per i genitori e io mi permetto di aggiungere per tutti
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GIULIA 4
Qualche giorno dopo la mia dichiarazione di volermi separare
da lui, Andrea rientrò a casa a notte inoltrata.
Già dormivo, sentii un tonfo. Mi alzai. Era steso a terra,
sembrava incosciente. Mi spaventai.
Lo chiamai. Lo toccai. Volevo capire cosa gli accadesse.
Appena mi sentì vicina, si alzò in piedi di scatto e, in
silenzio, mi piombò addosso trascinandomi sotto di se' nella sua caduta. Di
nuovo apparentemente incosciente.
A gran fatica, perché Andrea mi superava di 30 centimetri in
altezza e 30 chili di peso, lentamente riuscii a sfilarmi da sotto di lui. Mi
rialzai.
Appena fui in piedi, Andrea mi ricadde addosso e mi trovai a
terra sotto di lui come prima. Sempre come fosse un sonnambulo.
Paura. Anche che Ciro si svegliasse e si spaventasse.
Ricominciai a sfilarmi da sotto e quando ci riuscii cercai
di raggiungere di corsa la porta di casa per chiedere aiuto ai vicini. Ma
Andrea fu più veloce. Con violenza mi ributtò dentro casa. Richiuse e giù di
nuovo a terra con me sotto.
Il giochino si ripeté non so quante volte. Ogni volta
cercavo di aggrapparmi a qualcosa, per poter suonare un campanello, ma lui
arrivava prima o riusciva a strattonarmi con forza. In casa e a terra.
Poi ci riuscii. Andrea non ce la fece a farmi mollare il
pomello della porta di casa di un'anziana signora che, forse insonne, aveva
sentito (e visto qualcosa dallo spioncino?)... Sentimmo girare le sue molte
serrature.
Andrea scappò subito in casa. Chiesi alla signora di
chiamare la guardia medica, perché mio marito stava molto male, aveva bisogno
di assistenza immediata.
La signora eseguì e lasciò socchiusa la sua porta
nell'attesa. Non so più, se in seguito le chiesi cosa avesse capito.
Rientrando vidi Andrea in bagno con le dita in bocca: stava
stimolandosi il vomito. Capii che aveva bevuto dalla puzza (solo in quel
momento la avvertivo?).
Si lavò, si cambiò e si mise a letto: un malato per bene.
Non facciamo brutte figure, per carità.
Mi stupii, Andrea non aveva mai amato bere.
Quando arrivò la guardia medica raccontai l'accaduto nei
dettagli, mentre lo visitavano. Tutti i dettagli.
La dottoressa mi chiese alla fine: “Ma lei, signora, non
aveva mai visto un ubriaco prima?”, scrisse qualcosa e se ne andò. Ero
sbigottita. Mi sentii impotente. Priva di aiuto.
Ebbi più aiuto dalla vicina che promise di rimanere in
allerta per noi... lo disse davanti al “malato”, che continuava la sua recita
di perbenismo lucidandosi l'aureola che non doveva macchiarsi.
Ma mi conveniva assecondarlo. Così sarebbe stato calmo
almeno per un poco.
La mattina dopo non andai al lavoro. Appena Andrea uscì,
chiesi agli amici aiuto per organizzare la mia fuga nella mia città natale.
Sarei andata a vivere dai miei genitori, in attesa di trovare una sistemazione
autonoma.
Facemmo i bagagli in poco tempo e li spedimmo, erano molti.
Presi il treno con Ciro.
Dall'altra città, più tranquilla, finalmente raccontai (non
lo avevo mai fatto).
E presi accordi con l'avvocato. Che mi spiegò che stavo
rischiando guai davvero grossi......CONTINUA
PRECISAZIONE DI GIULIA:
No, carissimo Alberto. Ci conosciamo da troppo poco tempo e
troppo poco. Non puoi sapere.
Non sto scrivendo questo racconto per elaborare il dolore,
il lutto... e chiarirmi la mente ora... Non sto scrivendo per me. (Ne' critico
la ragazza che ero... mi fa tenerezza. Del resto la capisco bene...)
Sono passati più di trent'anni da quegli accadimenti. Da
molto tempo ci ho lavorato su.
Da 24 anni sono aiutata da una bravissima psicologa per
poter sostenere il rapporto difficilissimo con mio figlio. A me serve lavorare
sui problemi del presente, non sul passato (già analizzato a lungo da molto
tempo).
Rievocare quei fatti è però sempre angosciante. E' qualcosa
che costa: toglie il sonno. Perché ripensarci scrivendo è più coinvolgente.
Siccome scrivere è più lento, fa emergere dettagli dimenticati che rendono più
vivido il ricordo. Un ricordo che poi,
sulla carta, “sputi fuori” più chiaro e vivido di quando lo racconti a
qualcuno. Con un viso di fronte che ti aiuta, ti sostiene mentre parli, ti
ancora alla realtà attuale, ti consola ed un po' ti distrae. Mentre quando
scrivi sei sola. Sei assorbita da quelle emozioni che hanno lasciato segni
indelebili. Sempre pronti a bruciare.
Non lo sto facendo per me.
E non vedo l'ora di finire.
Sono contenta di farlo per altri genitori. Al solo scopo di
fornire a chi legge uno stimolo a riflettere su queste dinamiche, a volte
sottovalutate all'inizio, o difficili da individuare. Su ciò che può accadere
(e che mi è accaduto) se non si corre urgentemente ai ripari. Alle prime avvisaglie.
Sulla necessità assoluta di farsi aiutare. Da soli è forse impossibile uscirne.
Inoltre ora ci sono possibilità, in termini di informazioni, strutture e
protezioni, che mio figlio ed io non avevamo a disposizione.
Farsi aiutare per evitare rischi di riproducibilità di
schemi malati. Per evitare pericolosissime confusioni nella mente dei ragazzi,
associate a stati emotivi molto stressanti, letture della realtà alterate e/o
fortemente contraddittorie, che possono sfociare in malesseri mentali importanti.
Attenzione: ho scritto aiutare genitori, non mamme.
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