DALLA CULLA IN POI:
BAMBINI E FAMIGLIE, VITTIME DELLA PUBBLICITÀ E DEL CONSUMISMO.
Cari genitori: se
serve qualcosa costa meno comprarlo che accettare regali dalla pubblicità: lo
pagherete nel tempo di più e sarà, spesso, di qualità inferiore. Nulla è
gratis: rischiate dati personali e altro. Insegnatelo anche ai vostri figli.
NON FIRMATE COUPON ove
vi promettono regali, riviste, creme, corsi che vi vengono offerti fin da prima
della nascita del bebè o subito dopo o, almeno, pensateci bene prima. Cecate e
comprate il necessario.
Con il termine “consumismo” si indica il bisogno cronico di
acquistare continuamente nuove merci e nuovi servizi, con scarso riguardo
all’effettiva necessità che si ha di essi, alla loro durata, alla loro origine
o alle conseguenze ambientali della loro produzione e smaltimento.
IL CONSUMISMO È INDOTTO DALLA
PUBBLICITÀ E, PURTROPPO LE FAMIGLIE E I BAMBINI SONO UN OBIETTIVO E UN TARGET
INTERESSANTE SIN DA PRIMA DELLA LORO NASCITA: IL MESSAGGIO CHE SI DÀ AI
GENITORI È “SE LO AMI, DEVI SPENDERE E ACQUISTARE PER LUI/LEI QUESTO O QUEL
PRODOTTO, QUESTA CREMA, O QUEL LATTE”. Leggete qui: http://www.nograzie.eu
Ma la pubblicità non è solo quella tradizionale, esplicita e
diretta, quasi scontata: oggi ne esistono altre molto più subdole e ammiccanti
come, per esempio, alcune nelle quali vengono coinvolti personaggi di fama
(detti spesso “juke box”), oppure “pennivendoli” che dicono o scrivono tutto
quello che la multinazionale di turno vuol far dire, dietro compenso…o ritorno
d’immagine. L’obiettivo è indurre bisogni e vendere sempre e comunque qualcosa.
Con la pubblicità si cerca di creare la necessità
dell’acquisto (consumismo) con lo scopo di creare il desiderio di seguire una
moda, ma ricordiamoci che quasi il 50%, della
spesa del prodotto…che poi paghiamo, viene investito in attività di marketing.
Altra modalità di comunicazione avviene grazie anche ai
nostri indirizzi mail e al cellulare che forniamo, se richiesti, per avere
delle card promozionali che finiscono in banche dati, utilizzate da tutte le
aziende che ne hanno interesse: dalla campagna promozionale di sconti
all’organizzazione di eventi pseudo - gratuiti. La campagna è molto allettante:
vi fa balenare l’idea che è un affare e dietro all’idea di un affare si
acquistano beni inutili. L
Esistono poi strategie psicologiche studiate ad arte per
fregarci…e ci riescono benissimo. Ad esempio, la pubblicità induce le persone
ad acquistare beni superflui associando le merci di consumo di massa ai loro
desideri inconsci, soddisfacendo o facendo credere loro di appagare i loro più reconditi ed egoistici
desideri, così da renderli “felici” e, quindi, mansueti.
Alcune sere fa ho seguito lo spettacolo “Le Iene” ove minorenni hanno
dichiarato di prostituirsi per comprarsi vestiti. ALTRO bell’effetto di questa
società alla ricerca del PIL L
BAMBINI: FACILI PREDE DEL CONSUMISMO
Dagli anni Settanta in poi, complici le mutate esigenze
della vita quotidiana, un numero sempre più rilevante di genitori trascorre
sempre meno tempo con i propri figli. Ne consegue un senso colpa che, spesso, è
alleviato con regali a profusione. Il mercato dell’infanzia si amplia a
dismisura: i fatturati delle aziende produttrici di giocattoli, abbigliamento,
videogiochi, s’impennano fino a primeggiare tra i maggiori titoli quotati in
Borsa. Si comincia ad “allevare” un nuovo tipo di bambini: dei piccoli
imperatori, un po’ tiranni e molto soli.
Seguendo questo modello comportamentale si rischia di
togliere ai bambini il piacere del desiderio con conseguenze anche pericolose. Recenti
fatti di cronaca purtroppo parlano spesso di adolescenti che per appagare
i loro desideri sono diventati dipendenti da
alcol, droghe, sesso esasperato, sport estremi o autolesionismo.
I bambini, spesso,
sono condizionati dalla TV e
subiscono continuamente l’influenza
della pubblicità di giochi, merendine, abbigliamento ed accessori vari. Tutti
messaggi, questi, che i bambini colgono e propongono sotto forma di richieste
ai genitori, i quali, talvolta, trovano più sbrigativo esaudire i desideri dei
figli che chiedersi se davvero fanno il loro bene.Una particolare attenzione
quindi va rivolta ai bambini affinché non finiscano nelle mani del consumismo e
non diventino così adolescenti costantemente stressati, lanciati all’inseguimento
del gruppo e di modelli irraggiungibili e, in futuro, adulti nevrotici.
Non sottovalutiamo che i bambini hanno strutture
mentali ancora in via di formazione e minime barriere culturali, per cui ogni
presenza estranea all’ambito propriamente infantile non è considerata innocua o
casuale, ma piuttosto percepita in termini di un’inquietante intrusione.
Nonostante la capacità di spesa diretta dei
bambini sia necessariamente contenuta, si tratta per le aziende di un
investimento pubblicitario di grande rilevanza. Infatti, non soltanto i bambini
sono in grado di “condizionare” fortemente la scelta d’acquisto di beni
importanti (casa, auto, viaggi, computer) ma rappresentano, soprattutto, i decisori dell’acquisto
dei prossimi anni; un target da raggiungere, e fidelizzare, anticipando la
concorrenza. Si comprende quindi l’importanza che l’industria attribuisce alla
comunicazione che raggiunge questa fascia di popolazione, un vero e proprio
investimento sul proprio futuro commerciale.
L’universo infantile evidenzia, inoltre, una diffusa,
precoce assimilazione, di un comportamento di tipo consumistico, verosimilmente
mutuato dai genitori (o dai modelli televisivi).
È quindi una strategia, studiata ad hoc e curata nei minimi
particolari, quella che seduce (o manipola) l’immaginario infantile il quale
rappresenta un obiettivo primario della comunicazione dei brand.
Che fare? Intanto prendiamone coscienza.
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