giovedì 23 marzo 2017

DALLA CULLA IN POI: BAMBINI E FAMIGLIE, VITTIME DELLA PUBBLICITÀ E DEL CONSUMISMO.

DALLA CULLA IN POI: BAMBINI E FAMIGLIE, VITTIME DELLA PUBBLICITÀ E DEL CONSUMISMO. 
Cari genitori: se serve qualcosa costa meno comprarlo che accettare regali dalla pubblicità: lo pagherete nel tempo di più e sarà, spesso, di qualità inferiore. Nulla è gratis: rischiate dati personali e altro. Insegnatelo anche ai vostri figli.
NON FIRMATE COUPON ove vi promettono regali, riviste, creme, corsi che vi vengono offerti fin da prima della nascita del bebè o subito dopo o, almeno, pensateci bene prima. Cecate e comprate il necessario.
Con il termine “consumismo” si indica il bisogno cronico di acquistare continuamente nuove merci e nuovi servizi, con scarso riguardo all’effettiva necessità che si ha di essi, alla loro durata, alla loro origine o alle conseguenze ambientali della loro produzione e smaltimento.
IL CONSUMISMO È INDOTTO DALLA PUBBLICITÀ E, PURTROPPO LE FAMIGLIE E I BAMBINI SONO UN OBIETTIVO E UN TARGET INTERESSANTE SIN DA PRIMA DELLA LORO NASCITA: IL MESSAGGIO CHE SI DÀ AI GENITORI È “SE LO AMI, DEVI SPENDERE E ACQUISTARE PER LUI/LEI QUESTO O QUEL PRODOTTO, QUESTA CREMA, O QUEL LATTE”. Leggete qui: http://www.nograzie.eu
Ma la pubblicità non è solo quella tradizionale, esplicita e diretta, quasi scontata: oggi ne esistono altre molto più subdole e ammiccanti come, per esempio, alcune nelle quali vengono coinvolti personaggi di fama (detti spesso “juke box”), oppure “pennivendoli” che dicono o scrivono tutto quello che la multinazionale di turno vuol far dire, dietro compenso…o ritorno d’immagine. L’obiettivo è indurre bisogni e vendere sempre e comunque qualcosa.
Con la pubblicità si cerca di creare la necessità dell’acquisto (consumismo) con lo scopo di creare il desiderio di seguire una moda,  ma ricordiamoci che quasi il 50%, della spesa del prodotto…che poi paghiamo, viene investito in attività di marketing.
Altra modalità di comunicazione avviene grazie anche ai nostri indirizzi mail e al cellulare che forniamo, se richiesti, per avere delle card promozionali che finiscono in banche dati, utilizzate da tutte le aziende che ne hanno interesse: dalla campagna promozionale di sconti all’organizzazione di eventi pseudo - gratuiti. La campagna è molto allettante: vi fa balenare l’idea che è un affare e dietro all’idea di un affare si acquistano beni inutili. L
Esistono poi strategie psicologiche studiate ad arte per fregarci…e ci riescono benissimo. Ad esempio, la pubblicità induce le persone ad acquistare beni superflui associando le merci di consumo di massa ai loro desideri inconsci, soddisfacendo o facendo credere loro  di appagare i loro più reconditi ed egoistici desideri, così da renderli “felici” e, quindi, mansueti.
Alcune sere fa ho seguito  lo spettacolo “Le Iene” ove minorenni hanno dichiarato di prostituirsi per comprarsi vestiti. ALTRO bell’effetto di questa società alla ricerca del PIL L

BAMBINI: FACILI PREDE DEL CONSUMISMO
Dagli anni Settanta in poi, complici le mutate esigenze della vita quotidiana, un numero sempre più rilevante di genitori trascorre sempre meno tempo con i propri figli. Ne consegue un senso colpa che, spesso, è alleviato con regali a profusione. Il mercato dell’infanzia si amplia a dismisura: i fatturati delle aziende produttrici di giocattoli, abbigliamento, videogiochi, s’impennano fino a primeggiare tra i maggiori titoli quotati in Borsa. Si comincia ad “allevare” un nuovo tipo di bambini: dei piccoli imperatori, un po’ tiranni e molto soli.
Seguendo questo modello comportamentale si rischia di togliere ai bambini il piacere del desiderio con conseguenze anche pericolose. Recenti fatti di  cronaca purtroppo  parlano spesso di adolescenti che per appagare i loro desideri sono diventati dipendenti da  alcol, droghe, sesso esasperato, sport estremi o autolesionismo.
I  bambini, spesso, sono condizionati dalla TV e  subiscono  continuamente l’influenza della pubblicità di giochi, merendine, abbigliamento ed accessori vari. Tutti messaggi, questi, che i bambini colgono e propongono sotto forma di richieste ai genitori, i quali, talvolta, trovano più sbrigativo esaudire i desideri dei figli che chiedersi se davvero fanno il loro bene.Una particolare attenzione quindi va rivolta ai bambini affinché non finiscano nelle mani del consumismo e non diventino così adolescenti costantemente stressati, lanciati all’inseguimento del gruppo e di modelli irraggiungibili e, in futuro, adulti nevrotici.
Non sottovalutiamo che i bambini hanno strutture mentali ancora in via di formazione e minime barriere culturali, per cui ogni presenza estranea all’ambito propriamente infantile non è considerata innocua o casuale, ma piuttosto percepita in termini di un’inquietante intrusione.
Nonostante la capacità di spesa diretta dei bambini sia necessariamente contenuta, si tratta per le aziende di un investimento pubblicitario di grande rilevanza. Infatti, non soltanto i bambini sono in grado di “condizionare” fortemente la scelta d’acquisto di beni importanti (casa, auto, viaggi, computer) ma rappresentano, soprattutto, i decisori dell’acquisto dei prossimi anni; un target da raggiungere, e fidelizzare, anticipando la concorrenza. Si comprende quindi l’importanza che l’industria attribuisce alla comunicazione che raggiunge questa fascia di popolazione, un vero e proprio investimento sul proprio futuro commerciale.
L’universo infantile evidenzia, inoltre, una diffusa, precoce assimilazione, di un comportamento di tipo consumistico, verosimilmente mutuato dai genitori (o dai modelli televisivi).
È quindi una strategia, studiata ad hoc e curata nei minimi particolari, quella che seduce (o manipola) l’immaginario infantile il quale rappresenta un obiettivo primario della comunicazione dei brand.
Che fare? Intanto prendiamone coscienza.



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