Sofferenza, disagio e...MADRI CHE
UCCIDONO I FIGLI (Sindrome di Medea)
La cronaca quotidiana, spesso, ci mette a conoscenza di
fatti che non vorremmo mai sentire come l’uccisione dei propri figli da parte di madri o padri apparentemente “normali”.
Le cause di questi atti scellerati possono derivare da depressione, disagio, solitudine, conflitto familiare e il figlicidio rappresenta la punta dell’iceberg
di queste sofferenze. Sofferenze che non possono essere ignorate ma ci vedono tutti coinvolti nel cercare di comprendere, e
aiutare, queste persone in difficoltà. Spesso si tende a ignorare , minimizzare o fidarsi della bugia più
frequentemente detta “va tutto bene” in risposta alla domanda “come va”?
In questi casi, se abbiamo la sensazione che qualcosa non
va, non fermiamoci solo alle apparenze, ma prendiamoci qualche attimo per notare
il tono della voce e osservare il linguaggio non verbale del corpo. Può succedere che una persona
dica “va tutto bene” perché non vuol parlare ma il tono della voce e il
comportamento del “corpo” (sguardo, sorriso o atteggiamento di “facciata”) possono
dire il contrario.
Ma quali sono le cause che possono portare un genitore a
compiere un gesto così terribile?
Talvolta il figlicidio
può rappresentare la vendetta nei confronti del coniuge verso cui si
nutre odio e/o rancore, gelosia e invidia. In tal caso si parla di “sindrome di
Medea”, poiché nella tragedia di Euripide messa in scena nel 431 ac
a Corinto si narra la storia di una donna, Medea, che uccide i propri figli per
vendicarsi del tradimento del marito, Giasone.
Figlicidi
possono avvenire per altre cause, alcune delle quali possono rappresentare
anche una causa favorente o scatenante la sindrome di Medea
1.
Figli
non desiderati (come può avvenire se nati da una gravidanza non voluta, come
nel caso di stupro. In tali casi la
mamma potrebbe associare il figlio ad un ricordo traumatico).
2.
Figlicidio
attuato per non far soffrire la prole: la mamma sente il figlio come un grande peso
a causa di un rapporto coniugale molto conflittuale o inesistente, associato a
maltrattamento, disagio, droga, alcol
e/o per motivi economici.
3.
Abuso
e maltrattamento da ipercura come la “Sindrome di Munchausen per procura”dove un
genitore, più frequentemente la mamma, o entrambi inventa sintomi e disturbi
del proprio figlio e ha atteggiamenti di ipercura, arrivando anche a sottoporre
il figlio ad interventi inutili, danneggiandolo e talora uccidendolo.
4.
Problemi
psichiatrici materni preesistenti.
5.
Depressione
post partum non rilevata e riconosciuta.
6.
Crisi
di coppia e traumi psichici e solitudine.
Su questo tema così delicato è necessario anche tenere
conto che una donna quando diventa madre, (questo accadeva più frequentemente soprattutto una volta), può essere “assorbita”
da questo nuovo ruolo nell’accudimento del figlio rischiando di “perdere” il suo
ruolo di donna con la nascita di un legame patologico con i figli che debbono, a
loro volta, consolare e colmare la vita alla madre, man mano che crescono.
La tragedia di Medea può anche rappresentare la
conseguenza estrema, drammatica e
patologica della perdita dell’ “essere donna” e della perdita della femminilità
per diventare madre.
Alcuni tragici casi di cronaca rientrano in questa
sindrome, anche senza la presenza del tradimento del compagno, nel momento in
cui la donna si sente di apparire al suo compagno solo come una madre mentre vorrebbe continuare ad essere
considerata e desiderata come donna.
Il gesto di Medea è una estremizzazione, ripeto,
patologica di tornare ad esistere come donna attraverso la vendetta sui propri
figli, con un rifiuto rabbioso della maternità.
LIBRO E FILM Consigliato: "L'isola della paura" (shutterisland) di Dennis Leahn (attore nel film Leonardo Di Caprio)
Casi descritti nella stampa: http://www.huffingtonpost.it/2014/12/09/madri-uccidono-figli_n_6294482.html
Fattori favorenti o scatenanti di questa sindrome sono in
chiave psicoanalitica: vedere: http://www.psychiatryonline.it/node/4882
.
Nessun commento:
Posta un commento