LE SCULACCIATE NON SERVONO A EDUCARE E FANNO DANNI
Dovere del pediatra è quello di informare in base alle migliori evidenze scientifiche: non giudicare ma dire quello che è più corretto e giusto fare in base a fatti e non ad opinioni.
Qui trovate qualche indicazione sulle famose patte sul sedere o sculacciate.
UNA PATTA SUL SEDERE, E IN GENERE LA VIOLENZA FISICA, AIUTA AD EDUCARE E NON CAUSA DANNI? NO, NON E’ COSI’
1) Non serve ad educare
2) Può causare danni
In base a vari studi risulta che sculacciate o simili (dette “punizioni corporali”*) renderebbero i bambini più aggressivi, insicuri e da adulti più ansiosi. Chi ha ricevuto sculacciate da piccolo ha un rischio maggiore (tra il 2 e il 7 %) di soffrire di ansia, disturbi dell'umore e del comportamento rispetto a coloro che non le hanno mai prese (Pediatrics 2012). Descritta anche una maggiotr propensione all’uso dell’alcol e dipendenze e alla depressione.
*Le punizioni corporali sono l’ utilizzo della forza fisica con l’ intenzione di causare un’esperienza di dolore al bambino, ma non di provocare una lesione fisica, allo scopo di correggere o contenere un cattivo comportamento del bambino. Picchiare con una sculacciata nel sedere, dare uno schiaffo, una spinta con forza, un brusco strattone, una bacchettata sulle mani, dare un pizzicotto, scuotere con forza un bambino sono azioni considerate come punizioni corporali che i genitori (o chi accudisce il bambino) spesso adottano come atto educativo. Statisticamente nel mondo occidentale la maggior parte dei genitori ha utilizzato o utilizza le punizioni corporali. In alcune casistiche si è arrivati a stimare che anche più del 90% dei genitori ha usato la forza fisica verso i loro bambini. (www.acp.it/wp-content/uploads/Quaderni-acp-2010_172.pdf- Costantino Panza).
Secondo la American Academy of Pediatrics (l'Associazione americana dei Pediatri) le sculacciate possono bloccano l'azione del bimbo nell'immediato ma non lo aiutano certo a imparare comportamenti 'giusti' e adeguati.
“Nell'immediato, il bambino picchiato ubbidisce spesso all'ordine che ha ricevuto per paura delle botte. Ma spesso ricomincia di nascosto (impara l’ipocrisia). Poi può provare piacere a sfidare i genitori; ( provocazione).”. (Olivier Maurel, La sculacciata, Il Leone Verde)
Ma soprattutto, nella maggioranza dei casi, il bambino che ha preso lo sculaccione, tende a ripetere il comportamento sbagliato che ha causato la reazione del genitore. Spesso reagiscono sul genitore stesso. Insegna al bambino a essere aggressivo, o a chiudersi in se stesso.
Aumenta anche la propensione dei bambini a essere più disubbidienti e aggressivi anche nel lungo periodo.
Ricevere una punizione fisica causa un senso di rabbia e chiusura. A volte poi il bimbo non non capisce cosa avrebbe fatto di 'male' (a volte la “sculacciata” parte quando un adulto è più nervoso e non tollera cose che fa il bambino che però il genitore ha tollerato in altri momenti: avviene una incoerenza che il bambino non capisce).
Non solo, anche da un punto di vista pedagogico la sculacciata non va bene: l'adulto cerca di appropriarsi del suo ruolo educativo attraverso l'imposizione, e con la violenza. Così facendo non costruisce quelle basi di autorevolezza indispensabili per l'azione educativa che ha bisogno di una grande attenzione verso la relazione con il figlio.
Altra conseguenza può essere quella che il bambino avrà atteggiamenti negativi ed ostili nei confronti dei più deboli: il bimbo si sente debole verso l'adulto che esercita il suo potere con lo sculaccione e per questo cercherà di 'rifarsi' su chi è più debole di lui.
Secondo altri studi c’è il rischio di un impatto negativo sullo stato di benessere globale, fisico, emotivo e psicologico del bimbo: “End all Corporal Punishment of Children” dove sono stati esaminate ben 150 studi condotti negli ultimi 30 anni sul tema sculaccioni: i bambini che vengono spesso sculacciati si sentono più insicuri e poco amati.
In sintesi le sculacciate, pur se lievi e occasionali (magari a 'sorpresa' per il bimbo), minano lo sviluppo dell'autostima. Il bimbo percepisce se stesso come inadeguato rispetto alle aspettative del genitore, sente di non essere abbastanza bravo e di fare, spesso, cose 'sbagliate' (senza capirne, spesso, bene le ragioni, soprattutto nel caso dei più piccoli intorno ai 24-30 mesi)
Inoltre, un bimbo che le prende spesso, avverte sentimenti di frustrazione e di impotenza.
Non ho finito. Tra le conseguenze negative risulta che stress e paura della punizione peggiorano le prestazioni scolastiche e si crea un circolo vizioso che nutre ansia e insicurezza. In sostanza, il bimbo non desidera deludere il genitore, magari per un voto scarso, ma il timore della sua reazione, lo mette sotto pressione al punto tale da bloccarsi (e sbagliare).
Direte e allora come faccio?
Con l’educazione e la relazione
La punizione fisica chiude la relazione con il figlio, chiude il dialogo. “Il genitore si impone con un atto di forza - indipendentemente dall'entità fisica della sculacciata - invece di mettersi in gioco nel rapporto attraverso il ragionamento e altre strategie, in base all'età del bimbo”,
Quando il bimbo ha un comportamento che il genitore non approva, dovrebbe fargli capire che non va bene con tono fermo e calmo, guardandolo bene negli occhi. Il messaggio deve essere semplice, breve e diretto e accompagnato dal contatto visivo in modo che il bimbo lo recepisca al meglio.
In ogni caso, se un bambino fa un capriccio, strilla e si butta per terra, non smetterà certamente prendendo una sculacciata sul pannolino.
“Il compito dei genitori e in generale degli educatori , è quello di essere una base sicura per il bambino, accompagnandolo a scoprire se stesso, senza tarpare le sue ali”,
Concludo ricordando che
La Convenzione dei diritti dell'infanzia, votata dalle Nazioni Unite (1989), nell'articolo 19, chiede a tutti gli Stati di proteggere il bambino 'contro qualsiasi forma di violenza'.
Il Comitato dei diritti del bambino (davanti al quale ogni Stato deve presentare un rapporto su come rispetta la Convenzione ogni 5 anni) raccomanda di prendere misure anche verso le punizioni corporali più comuni come sculacciate, sberle e ceffoni.
Infatti alcune ricerche mediche attualmente si orientano a considerare la punizione fisica adottata quale mezzo di disciplina come un rischio per il maltrattamento. Infatti, a causa della giovanissima età e della propria costituzione fisica, il bambino può avere un’esperienza non solo di dolore, come è nell’ intento del genitore, ma anche di vero e proprio danno nel fisico, in quanto l’adulto pesa almeno tre o quattro volte di più e ha molta più forza fisica del proprio figlio. Inoltre, la punizione fisica è talvolta associata ad attacchi verbali da parte dell’adulto che favoriscono stress psicologici che gli specialisti dell’infanzia classificano come abusi emozionali e che possono lasciare disturbi psicopatologici evidenti anche nell’età adulta.
IN SINTESI (Da quaderni ACP)
Il bambino che viene picchiato con l’intenzione di ottenere una correzione, di solito, impara una lezione molto più profonda: che i problemi possono essere risolti con la violenza.
Se noi genitori utilizziamo tali sistemi con l’intento di insegnare ai bambini l’autocontrollo, non solo sbagliamo, ma incoraggiamo un comportamento opposto. Dobbiamo noi genitori imparare l’autocontrollo, perché picchiare i bambini tende a far aumentare la probabilità che da adulti abbiano meno autocontrollo, meno autostima e relazioni più disturbate, che siano più soggetti alla depressione e che maltrattino a loro volta i figli e il coniuge. Non ascoltiamo i cosiddetti “esperti” che dicono che una sculacciata fa bene: sono ignoranti o in malafede!
Come fare?
Ci sono molte alternative per l’educazione del proprio bambino senza dover adoperare la forza fisica.
Ogni strategia educativa deve essere calata nella singola realtà familiare, considerando il temperamento del bambino e il suo grado di sviluppo. Proprio per questo motivo il pediatra di famiglia è il professionista più competente nel confronto con i geni- tori per una nuova sfida educativa che non contempli più la sculacciata come metodo educativo. Parliamone con lui.
Tratto da Quaderni ACP 2010
Costantino Panza: https://www.acp.it/wp-content/uploads/Quaderni-acp-2010_172.pdf
Sito “Nostro figlio”
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