CARI Genitori
Vi ho già presentato i consigli per il primo anno di vita e da 2 a 3 anni. e del 4 e 5 anno di vita (vedete nei post precedenti)
Dello stesso autore è stato presentato il libro (L'Essenziale per crescere). (Il pedagogista Daniele Novara direttore del CPP Centro Psicopedagogico per la Pace e la gestione dei conflitti di Piacenza) che avete avuto l'opportunità di conoscere il 24 novembre quando era venuto a Genova il 24 Novembre in occasione delle iniziative della Università dei genitori - Mondo in Pace Caritas. TROVATE A QUESTO LINK ALTRE NOTIZIE: http://ferrandoalberto.blogspot.it/search?q=ESSENZIALE
Vi spedisco, con il permesso dell'autore, alcune semplici regole per i nostri figli a seconda della loro età. SEMPLICI, SINTETICHE E FONDAMENTALI che vi verranno spedite a "puntate". Ricordo che con l'anno nuovo , salvo cambiamenti dell'ultima ora, ci sara' una riduzione della attività e delle mail (alcuni tireranno un sospiro di sollievo :-) )
Buona lettura
Alberto Ferrando
A BREVE:
LA PREADOLESCENZA (DAGLI 11 ANNI): Allontanarsi dai genitori
L’ADOLESCENZA: L’importanza dei riti
DAI 6 AI 10 ANNI: Le regole
Attorno ai 6 anni il bambino abbandona il
pensiero dicotomico e inizia a sviluppare il pensiero reversibile. Con pensiero
reversibile si intende la capacità di tener presente gli esiti successivi di
uno stesso evento e di metterli in relazione tra loro.
In
questa fase, come in quella precedente ma ancora di più, è importante che i
genitori sappiamo stabilire un confine e una distanza dai figli che consenta di
impostare e vivere il compito educativo che è proprio del ruolo genitoriale.
C’è
una responsabilità che compete al genitore e che va esercitato.
Occorre evitare di sostituirsi al bambino. Far fare colazione con
il biberon a un bambino di prima elementare con la scusa di far prima, o
tenerlo nel lettone perché altrimenti poverino piange sono forme di sottrazione
della responsabilità del bambino e del ruolo del genitore. Non sono
atteggiamenti educativi responsabili ma una forma di abdicazione del compito
genitoriale legate a paure: di ferire, di vedere soffrire il bambino, che gli
accada chissà che cosa.
Va
abbandonata la sgridata. Le sgridate, le urla, sono un sintomo di
debolezza, trasmettono insicurezza e indecisione. Immaginate quei genitori che
urlano in continuazione: cosa penseranno i loro bambini? Dopo un primo momento di spiazzamento le urla non avranno
più effetto e contribuiranno a sviluppare un senso di sfiducia e fastidio. Non
è proprio il caso però che i nostri figli sviluppino una cattiva opinione di
noi!
Occorre
però anche abbandonare la discussione, che è un vezzo molto italiano. Si passano ore a spiegare, discutere, motivare cercare di
convincere i bambini. Il
discussionismo produce i bambini
tirannici: quei bambini a cui è affidato un potere decisionale che non sono
in grado di gestire.
Un
esempio classico di questa dinamica: quel parente, presente più o meno in tutte
le famiglie che chiede “Vuoi più bene al papà o alla mamma?”. Non c’è domanda
più angosciante per un bambino di questa età. Oppure immaginate un bambino
coinvolto nelle scelte familiari di ogni tipo: “Non sappiamo bene dove andare
in vacanza questa estate, adesso decidi tu, hai tre possibilità…”. Dal punto di
vista anche cognitivo, il pensiero logico astratto si sviluppa solo nella
preadolescenza. Come fa un bambino o una bambina di 6 anni a decidere dove
passare le vacanze o a chi voler più bene?
Però
i bambini, anche quelli che sembrano pretendere di comandare su tutto e tutti
in famiglia, non vogliono essere tirannici: è l’ultimo loro desiderio. Non
vogliono avere due mamme, entrambi i genitori che si dedicano esclusivamente all’accudimento
e alla compiacenza, vogliono che ci sia il paterno.
Se
il padre padrone è una figura che consegniamo volentieri all’archeologia, il paterno
va recuperato. E cos’è il paterno? Il limite, il confine che definisce lo spazio
dell’autonomia e stimola la conquista di sé, il punto fermo. Il paterno sono le
regole e le comunicazioni chiare.
La cultura paterna delle regole e della chiarezza è oggi
fortemente minacciata dalla logica del comando. La vocazione educativa e
l’interpretazione che i genitori italiani danno delle regole è quella del comandare: “Vai a dormire, mangia,
sbrigati, metti a posto, non vedi che la mamma sta piangendo? Dai vestiti,
perché non ubbidisci? Cosa ti ho fatto?”. Questi sono tutti comandi: anche se
davvero finisce che la mamma si mette a piangere, la comunicazione che passa è
un comando. Così non si ottiene nulla.
Dare regole non
significa comandare. Occorre smettere di dare ordini: con i bambini non funziona, e
con gli adolescenti ancora meno. Potrebbe al massimo funzionare un po’ nell’età
di latenza che è un periodo, una
finestra brevissima sull’infanzia, tra gli 8 e i 10 anni, ma si tratta di quei
tre anni di quiete che ingannano i genitori.
Il comando implica l’instaurarsi di un muro contro muro che vede
oggi i genitori quasi sempre perdere.
Recenti ricerche hanno evidenziato che, una delle conseguenze ad
esempio di questa cultura del comando è che i bambini hanno perso in media
un’ora di sonno. Si va avanti per ore con un illogico: “Vai a letto! Perché non
vai a letto? Su dai muoviti, è tardi, vai a letto!” e si finisce per crescere
una generazione di bambini pronti a tirar Capodanno ogni sera. Ma quando un
bambino perde un’ora di sonno ne risente; sappiamo che dormire meno del
necessario ha delle conseguenze, anche serie.
Basterebbe allora dare delle regole piuttosto che procedere allo
sfinimento reciproco lamentandosi che il proprio figlio non vuole andare a
dormire.
Le regole sono un dato oggettivo. Quello che si chiede al bambino
è il rispetto della regola e non di obbedire alla mamma: quando ci si appella
all’obbedienza ci si invischia in una palude di contrapposizioni senza via
d’uscita. L’obbedienza non è una categoria educativa.
È
chiaro però che una regola non funziona, e non funzionerà mai, se i genitori
non sono d’accordo in merito alla regola stessa: questo è uno dei problemi
principali delle famiglie di oggi. La coesione è un elemento fondamentale per
il successo della regola.
Le
generazioni dei nuovi genitori corrono il rischio di dimenticare il valore
delle regole pedagogiche. Recuperare alcuni principi educativi basilari ci
permette invece di fare le cose giuste quel tanto che basta. Non occorre essere
perfetti: darebbe fastidio a chiunque, compresi i nostri figli. Non c’è niente
di peggio dei genitori che vogliono essere perfetti.
NESSUN COMMENTO MA UN CONSIGLIO LEGGETE E RILEGGETE: a nulla serve il comando, le urla nulla sortiscono,si debbono dare regole e non cadere nelle discussioni (vedete anche il post "bambini tirannici e genitori elicottero" : http://ferrandoalberto.blogspot.it/2012/08/genitori-elicottero-e-bambini-tiranni.html
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