DROGA QUOTIDIANA PER ADULTI E BAMBINI. LA PUBBLICITA'
Tratto dal libro "Come Nutrire Mio figlio" sui danni da consumismo e da pubblicità sulla salute dei nostri bambini"
Comprate il necessario; quello che vi può servire e non quello che vi fanno apparire come un affare. L’affare CHE VI FANNO CREDERE è quasi sempre, se non sempre, per chi vende! Il consumismo, questo bisogno cronico di acquistare continuamente nuove merci e servizi, con scarso riguardo all’effettiva necessità che si ha di essi, alla loro durata, alla loro origine o alle conseguenze ambientali della loro produzione e smaltimento, è indotto dalla pubblicità.
Il messaggio che si dà ai genitori è: “Se lo ami, devi spendere e acquistare per lui/lei questo o quel prodotto, questa crema o quel latte”. La pubblicità non è solo quella tradizionale, esplicita e diretta, quasi scontata: oggi ne esistono altre, molto più subdole e ammiccanti come, per esempio, alcune che coinvolgono personaggi di fama (detti spesso “juke box”), oppure, “pennivendoli” che dicono o scrivono tutto quello che la multinazionale di turno decide di dire, dietro compenso... o ritorno d’immagine.
L’obiettivo principale è indurre bisogni e vendere, sempre e comunque, qualcosa. Quanti attori famosi e in carriera vediamo cedere alle lusinghe della pubblicità e apparire sugli schermi, spesso per promuovere alimenti o prodotti voluttuari per la tavola (alcol, caffè, bibite). Con la pubblicità, si cerca di creare la necessità dell’acquisto (consumismo), inducendo un bisogno che può costarci molto caro in termini economici: quasi il 50% della spesa del prodotto che noi paghiamo viene investito in attività di marketing. Altra modalità di comunicazione avviene grazie anche ai nostri indirizzi mail e al cellulare che forniamo, se richiesti, per avere delle card promozionali che finiscono in banche dati, utilizzate da tutte le aziende che ne hanno interesse: dalla campagna promozionale di sconti all’organizzazione di eventi pseudo gratuiti. La campagna è molto allettante: vi fa balenare l’idea che è un affare e, dietro all’idea di un affare, si acquistano beni inutili o magari di scarsa qualità ma... se lo dice la pubblicità... si vendono. Esistono, poi, strategie psicologiche studiate ad arte.
Per esempio, la pubblicità induce le persone ad acquistare beni superflui, associando le merci di consumo di massa ai loro desideri inconsci, facendo credere loro che il possesso di questi beni li possa appagare e rendere felici. La pubblicità riesce a raggiungere i propri obiettivi di vendita perché, anche come alimenti, compriamo più di quanto siamo in grado di consumare.
…………… I bambini, spesso, sono condizionati dalla TV e subiscono continuamente l’influenza della pubbli- cità, di giochi, merendine, abbigliamento e accessori vari; messaggi che i bambini colgono e pro- pongono sotto forma di richieste ai genitori, i quali, talvolta, trovano più sbrigativo accontentarli, piuttosto che chiedersi se davvero fanno il loro bene.
Una particolare attenzione, quindi, va rivolta ai bambini, affinché non finiscano nelle mani del consumismo e non diventino così adolescenti costantemente stressati, lanciati all’inseguimento del gruppo e di modelli irraggiungibili e, in futuro, adulti nevrotici o sottoposti ad alimenti di moda perché pubblicizzati, come gli energy drink o le merendine ipercaloriche con prodotti non salutari o bibite sovraccariche di zuccheri.
I bambini concepiscono la pubblicità come parte integrante dei programmi televisivi, in particolare, quando ritrovano i personaggi preferiti dei cartoni animati che si rivolgono a loro in prima persona o, ancora, quando si compiacciono nel vedere i biscotti che hanno appena mangiato a colazione o i giochi con i quali trascorrono parte della giornata.
Nonostante la capacità di spesa diretta dei bambini sia necessariamente contenuta, si tratta per le aziende di un investimento pubblicitario di grande rilevanza. Infatti, non soltanto i bambini sono in grado di “condizionare” fortemente la scelta d’acquisto di beni importanti (casa, alimentazione, auto, viaggi, computer), ma rappresentano, soprattutto, i decisori dell’acquisto dei prossimi anni; un target da raggiungere e fidelizzare, anticipando la concorrenza. Si comprende, quindi, l’importanza che l’industria attribuisce alla comunicazione che raggiunge questa fascia di popolazione, un vero e proprio investimento sul proprio futuro commerciale.
Un tempo, la pubblicità era circoscritta all’interno di uno spazio di programmazione determinato e limitato. Oggi, la pubblicità si trova in tutti i programmi, anche all’interno o con scritte a lato, nei filmati e nei social network. La pubblicità si basa sul fatto che il pubblico è influenzabile. Di fatto, tutti noi siamo influenzabili. Viviamo sotto un bombardamento costante di stimoli che ci indirizzano ad acquisti e anche a mode e opinioni prefabbricate (anche politiche e religiose). L’obiettivo dei “manipolatori di professione” è di condizionarci, facendo appello ai sentimenti, alle emozioni, facendoci sentire inadeguati o esclusi, inculcandoci delle insicurezze o anche, più semplicemente, creando intorno a quel prodotto un clima di simpatia, allegria e/o condivisione.
L’universo infantile evidenzia, inoltre, una diffusa, precoce assimilazione, di un comportamento di tipo consumistico, verosimilmente mutuato dai genitori (o dai modelli televisivi). È quindi una strategia, studiata ad hoc e curata nei minimi particolari, quella che seduce (o mani- pola) l’immaginario infantile, il quale rappresenta un obiettivo primario della comunicazione dei brand.
Il “nag factor” è il tormento (richieste insistenti, capricci) che un bambino sottoposto alla pubbli- cità dà ai genitori, affinché acquistino per lui un determinato prodotto, compreso il cosiddetto cibo spazzatura, su cui le grandi compagnie spendono per la pubblicità alte cifre e anche, scientifica- mente, come rendere bambini e adulti dipendenti da alimenti grassi e ricchi di zuccheri.
Che fare? …..continua nel libro
Tratto dal libro "Come Nutrire Mio figlio" sui danni da consumismo e da pubblicità sulla salute dei nostri bambini"
Comprate il necessario; quello che vi può servire e non quello che vi fanno apparire come un affare. L’affare CHE VI FANNO CREDERE è quasi sempre, se non sempre, per chi vende! Il consumismo, questo bisogno cronico di acquistare continuamente nuove merci e servizi, con scarso riguardo all’effettiva necessità che si ha di essi, alla loro durata, alla loro origine o alle conseguenze ambientali della loro produzione e smaltimento, è indotto dalla pubblicità.
Il messaggio che si dà ai genitori è: “Se lo ami, devi spendere e acquistare per lui/lei questo o quel prodotto, questa crema o quel latte”. La pubblicità non è solo quella tradizionale, esplicita e diretta, quasi scontata: oggi ne esistono altre, molto più subdole e ammiccanti come, per esempio, alcune che coinvolgono personaggi di fama (detti spesso “juke box”), oppure, “pennivendoli” che dicono o scrivono tutto quello che la multinazionale di turno decide di dire, dietro compenso... o ritorno d’immagine.
L’obiettivo principale è indurre bisogni e vendere, sempre e comunque, qualcosa. Quanti attori famosi e in carriera vediamo cedere alle lusinghe della pubblicità e apparire sugli schermi, spesso per promuovere alimenti o prodotti voluttuari per la tavola (alcol, caffè, bibite). Con la pubblicità, si cerca di creare la necessità dell’acquisto (consumismo), inducendo un bisogno che può costarci molto caro in termini economici: quasi il 50% della spesa del prodotto che noi paghiamo viene investito in attività di marketing. Altra modalità di comunicazione avviene grazie anche ai nostri indirizzi mail e al cellulare che forniamo, se richiesti, per avere delle card promozionali che finiscono in banche dati, utilizzate da tutte le aziende che ne hanno interesse: dalla campagna promozionale di sconti all’organizzazione di eventi pseudo gratuiti. La campagna è molto allettante: vi fa balenare l’idea che è un affare e, dietro all’idea di un affare, si acquistano beni inutili o magari di scarsa qualità ma... se lo dice la pubblicità... si vendono. Esistono, poi, strategie psicologiche studiate ad arte.
Per esempio, la pubblicità induce le persone ad acquistare beni superflui, associando le merci di consumo di massa ai loro desideri inconsci, facendo credere loro che il possesso di questi beni li possa appagare e rendere felici. La pubblicità riesce a raggiungere i propri obiettivi di vendita perché, anche come alimenti, compriamo più di quanto siamo in grado di consumare.
…………… I bambini, spesso, sono condizionati dalla TV e subiscono continuamente l’influenza della pubbli- cità, di giochi, merendine, abbigliamento e accessori vari; messaggi che i bambini colgono e pro- pongono sotto forma di richieste ai genitori, i quali, talvolta, trovano più sbrigativo accontentarli, piuttosto che chiedersi se davvero fanno il loro bene.
Una particolare attenzione, quindi, va rivolta ai bambini, affinché non finiscano nelle mani del consumismo e non diventino così adolescenti costantemente stressati, lanciati all’inseguimento del gruppo e di modelli irraggiungibili e, in futuro, adulti nevrotici o sottoposti ad alimenti di moda perché pubblicizzati, come gli energy drink o le merendine ipercaloriche con prodotti non salutari o bibite sovraccariche di zuccheri.
I bambini concepiscono la pubblicità come parte integrante dei programmi televisivi, in particolare, quando ritrovano i personaggi preferiti dei cartoni animati che si rivolgono a loro in prima persona o, ancora, quando si compiacciono nel vedere i biscotti che hanno appena mangiato a colazione o i giochi con i quali trascorrono parte della giornata.
Nonostante la capacità di spesa diretta dei bambini sia necessariamente contenuta, si tratta per le aziende di un investimento pubblicitario di grande rilevanza. Infatti, non soltanto i bambini sono in grado di “condizionare” fortemente la scelta d’acquisto di beni importanti (casa, alimentazione, auto, viaggi, computer), ma rappresentano, soprattutto, i decisori dell’acquisto dei prossimi anni; un target da raggiungere e fidelizzare, anticipando la concorrenza. Si comprende, quindi, l’importanza che l’industria attribuisce alla comunicazione che raggiunge questa fascia di popolazione, un vero e proprio investimento sul proprio futuro commerciale.
Un tempo, la pubblicità era circoscritta all’interno di uno spazio di programmazione determinato e limitato. Oggi, la pubblicità si trova in tutti i programmi, anche all’interno o con scritte a lato, nei filmati e nei social network. La pubblicità si basa sul fatto che il pubblico è influenzabile. Di fatto, tutti noi siamo influenzabili. Viviamo sotto un bombardamento costante di stimoli che ci indirizzano ad acquisti e anche a mode e opinioni prefabbricate (anche politiche e religiose). L’obiettivo dei “manipolatori di professione” è di condizionarci, facendo appello ai sentimenti, alle emozioni, facendoci sentire inadeguati o esclusi, inculcandoci delle insicurezze o anche, più semplicemente, creando intorno a quel prodotto un clima di simpatia, allegria e/o condivisione.
L’universo infantile evidenzia, inoltre, una diffusa, precoce assimilazione, di un comportamento di tipo consumistico, verosimilmente mutuato dai genitori (o dai modelli televisivi). È quindi una strategia, studiata ad hoc e curata nei minimi particolari, quella che seduce (o mani- pola) l’immaginario infantile, il quale rappresenta un obiettivo primario della comunicazione dei brand.
Il “nag factor” è il tormento (richieste insistenti, capricci) che un bambino sottoposto alla pubbli- cità dà ai genitori, affinché acquistino per lui un determinato prodotto, compreso il cosiddetto cibo spazzatura, su cui le grandi compagnie spendono per la pubblicità alte cifre e anche, scientifica- mente, come rendere bambini e adulti dipendenti da alimenti grassi e ricchi di zuccheri.
Che fare? …..continua nel libro
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