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sabato 1 marzo 2014

VIOLENZA SULLE DONNE=VIOLENZA AI BAMBINI. SEGNALATE. GIULIA 4 PARTE EE PRECISAZIONI

PROSEGUE LA STORIA DI GIULIA. SOTTO ALCUNE PRECISAZION DI DI GIULIA A QUANTO AVEVO SCRITTO: Quanto Giulia scrive è per noi, non per se stessa , non solo per le mamme ma per i genitori e io mi permetto di aggiungere per tutti

PARTE PRECEDENTE QUI: http://ferrandoalberto.blogspot.it/search?q=GIULIA

GIULIA 4
Qualche giorno dopo la mia dichiarazione di volermi separare da lui, Andrea rientrò a casa a notte inoltrata.
Già dormivo, sentii un tonfo. Mi alzai. Era steso a terra, sembrava incosciente. Mi spaventai.
Lo chiamai. Lo toccai. Volevo capire cosa gli accadesse.
Appena mi sentì vicina, si alzò in piedi di scatto e, in silenzio, mi piombò addosso trascinandomi sotto di se' nella sua caduta. Di nuovo apparentemente incosciente.
A gran fatica, perché Andrea mi superava di 30 centimetri in altezza e 30 chili di peso, lentamente riuscii a sfilarmi da sotto di lui. Mi rialzai.
Appena fui in piedi, Andrea mi ricadde addosso e mi trovai a terra sotto di lui come prima. Sempre come fosse un sonnambulo.
Paura. Anche che Ciro si svegliasse e si spaventasse.
Ricominciai a sfilarmi da sotto e quando ci riuscii cercai di raggiungere di corsa la porta di casa per chiedere aiuto ai vicini. Ma Andrea fu più veloce. Con violenza mi ributtò dentro casa. Richiuse e giù di nuovo a terra con me sotto.
Il giochino si ripeté non so quante volte. Ogni volta cercavo di aggrapparmi a qualcosa, per poter suonare un campanello, ma lui arrivava prima o riusciva a strattonarmi con forza. In casa e a terra.
Poi ci riuscii. Andrea non ce la fece a farmi mollare il pomello della porta di casa di un'anziana signora che, forse insonne, aveva sentito (e visto qualcosa dallo spioncino?)... Sentimmo girare le sue molte serrature.
Andrea scappò subito in casa. Chiesi alla signora di chiamare la guardia medica, perché mio marito stava molto male, aveva bisogno di assistenza immediata.
La signora eseguì e lasciò socchiusa la sua porta nell'attesa. Non so più, se in seguito le chiesi cosa avesse capito.
Rientrando vidi Andrea in bagno con le dita in bocca: stava stimolandosi il vomito. Capii che aveva bevuto dalla puzza (solo in quel momento la avvertivo?).
Si lavò, si cambiò e si mise a letto: un malato per bene. Non facciamo brutte figure, per carità.
Mi stupii, Andrea non aveva mai amato bere.

Quando arrivò la guardia medica raccontai l'accaduto nei dettagli, mentre lo visitavano. Tutti i dettagli.
La dottoressa mi chiese alla fine: “Ma lei, signora, non aveva mai visto un ubriaco prima?”, scrisse qualcosa e se ne andò. Ero sbigottita. Mi sentii impotente. Priva di aiuto.
Ebbi più aiuto dalla vicina che promise di rimanere in allerta per noi... lo disse davanti al “malato”, che continuava la sua recita di perbenismo lucidandosi l'aureola che non doveva macchiarsi.
Ma mi conveniva assecondarlo. Così sarebbe stato calmo almeno per un poco.

La mattina dopo non andai al lavoro. Appena Andrea uscì, chiesi agli amici aiuto per organizzare la mia fuga nella mia città natale. Sarei andata a vivere dai miei genitori, in attesa di trovare una sistemazione autonoma.
Facemmo i bagagli in poco tempo e li spedimmo, erano molti. Presi il treno con Ciro.
Dall'altra città, più tranquilla, finalmente raccontai (non lo avevo mai fatto).

E presi accordi con l'avvocato. Che mi spiegò che stavo rischiando guai davvero grossi......CONTINUA

PRECISAZIONE DI GIULIA:
No, carissimo Alberto. Ci conosciamo da troppo poco tempo e troppo poco. Non puoi sapere.
Non sto scrivendo questo racconto per elaborare il dolore, il lutto... e chiarirmi la mente ora... Non sto scrivendo per me. (Ne' critico la ragazza che ero... mi fa tenerezza. Del resto la capisco bene...)
Sono passati più di trent'anni da quegli accadimenti. Da molto tempo ci ho lavorato su.
Da 24 anni sono aiutata da una bravissima psicologa per poter sostenere il rapporto difficilissimo con mio figlio. A me serve lavorare sui problemi del presente, non sul passato (già analizzato a lungo da molto tempo).
Rievocare quei fatti è però sempre angosciante. E' qualcosa che costa: toglie il sonno. Perché ripensarci scrivendo è più coinvolgente. Siccome scrivere è più lento, fa emergere dettagli dimenticati che rendono più vivido il ricordo.  Un ricordo che poi, sulla carta, “sputi fuori” più chiaro e vivido di quando lo racconti a qualcuno. Con un viso di fronte che ti aiuta, ti sostiene mentre parli, ti ancora alla realtà attuale, ti consola ed un po' ti distrae. Mentre quando scrivi sei sola. Sei assorbita da quelle emozioni che hanno lasciato segni indelebili. Sempre pronti a bruciare.
Non lo sto facendo per me.  E non vedo l'ora di finire.
Sono contenta di farlo per altri genitori. Al solo scopo di fornire a chi legge uno stimolo a riflettere su queste dinamiche, a volte sottovalutate all'inizio, o difficili da individuare. Su ciò che può accadere (e che mi è accaduto) se non si corre urgentemente ai ripari. Alle prime avvisaglie. Sulla necessità assoluta di farsi aiutare. Da soli è forse impossibile uscirne. Inoltre ora ci sono possibilità, in termini di informazioni, strutture e protezioni, che mio figlio ed io non avevamo a disposizione.
Farsi aiutare per evitare rischi di riproducibilità di schemi malati. Per evitare pericolosissime confusioni nella mente dei ragazzi, associate a stati emotivi molto stressanti, letture della realtà alterate e/o fortemente contraddittorie, che possono sfociare in malesseri mentali importanti.
Attenzione: ho scritto aiutare genitori, non mamme.

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